Tumore del seno. Rapporto Economist Impact: bene l’Italia per accesso e rimborsabilità delle cure, ma prevenzione e screening ancora sotto la soglia minima raccomandata in Ue
Il nostro Paese si distingue infatti, tra gli Stati analizzati, per il numero di trattamenti oncologici disponibili (40 sui 48 approvati da Ema tra il 2019 e il 2022), seconda dopo la Germania, e per il tasso più alto di terapie che hanno ricevuto piena rimborsabilità (78%) subito dopo la Germania e la Scozia. Tuttavia, la peculiarità del sistema italiano decentralizzato e il passaggio attraverso i prontuari terapeutici regionali tendono ad allungare i tempi di accesso alle nuove terapie, creando disuguaglianze territoriali significative
13 MAR - Positivo il bilancio dell'accesso ai trattamenti oncologici per il cancro al seno in Italia. Secondo quanto emerge dal report europeo “Advancing Breast Cancer Care in Europe: A Roadmap to a Women-Centric Approach”, realizzato dall’Economist Impact con il supporto non condizionante di Daiichi Sankyo, il nostro Paese si distingue infatti, tra gli Stati analizzati, per il numero di trattamenti oncologici disponibili (40 sui 48 approvati da Ema tra il 2019 e il 2022), seconda dopo la Germania, e per il tasso più alto di terapie che hanno ricevuto piena rimborsabilità (78%) subito dopo la Germania e la Scozia. Inoltre, anche in termini di velocità di autorizzazione all’immissione in commercio dei trattamenti, l’Italia si posiziona meglio della media europea (559 giorni): mediamente intercorrono 417 giorni tra l’approvazione europea e la disponibilità effettiva delle terapie oncologiche per i pazienti italiani.6 Tuttavia, la peculiarità del sistema italiano decentralizzato e il passaggio attraverso i prontuari terapeutici regionali tendono ad allungare i tempi di accesso alle nuove terapie, creando disuguaglianze territoriali significative.
Lo studio ha approfondito l'attuale panorama della gestione del cancro al seno in Europa in ogni fase del percorso di cura, dalla prevenzione alla diagnosi, al trattamento e follow-up, fino al post-cura, identificando le principali sfide ancora aperte e le opportunità di miglioramento. Pur mettendo in luce questi risultati positivi, l’analisi evidenzia però la necessità di ripensare un approccio di assistenza e cura centrato sulle esigenze specifiche di chi affronta questo percorso, che sono ancora oggi spesso sottovalutate, considerando la persona nella sua totalità e unicità e tenendo conto delle sue esigenze fisiche, emotive e cognitive, nonché dei suoi progetti di vita. “Partendo dall’ascolto di clinici, ricercatori e associazioni pazienti, questo rapporto europeo ci ha restituito una fotografia accurata e aggiornata dello stato dell’arte della gestione del tumore al seno in Europa e nel nostro Paese offrendoci importanti spunti di riflessione e suggerendo possibili percorsi di miglioramento da intraprendere – ha dichiarato
Mauro Vitali, Head of Oncology di Daiichi Sankyo Italia. “Crediamo fermamente che per affrontare il cancro sia indispensabile adottare un approccio olistico che consideri le specificità di ogni persona nel suo percorso di cura. Per questo collaboriamo costantemente con società scientifiche, associazioni, professionisti sanitari, stakeholder e tutti coloro che possono contribuire alla ricerca di soluzioni efficaci, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici e l’esperienza di chi affronta il tumore al seno”.
Il tumore al seno resta la neoplasia più diffusa tra le donne in Europa e in Italia, con oltre 55.000 nuove diagnosi ogni anno solo nel nostro Paese. Grazie ai progressi nella diagnosi e nelle terapie, la sopravvivenza a cinque anni ha raggiunto l’88%, superando il 90% nei casi individuati precocemente. Tuttavia, sono ancora numerose le sfide che le persone con tumore al seno affrontano ogni giorno e che incidono in maniera significativa sulla loro qualità di vita, sia durante il percorso di cura che negli anni successivi. Il 23% dei casi di tumore al seno è attribuibile a fattori di rischio modificabili, come fumo, alcol e sedentarietà. In particolare, il consumo eccessivo di alcol contribuisce a circa 6.000 nuovi casi all’anno di tumore alla mammella, incidendo fino all’11% delle diagnosi. Emerge quindi la necessità di incrementare le iniziative di sensibilizzazione a riguardo per aumentare la consapevolezza sull’impatto che gli stili di vita scorretti hanno sulla probabilità di sviluppare una neoplasia mammaria.
Anche sul fronte della prevenzione secondaria il nostro Paese risulta indietro. L’adesione ai programmi di screening mammografico è al di sotto della soglia minima raccomandata dall’UE del 70-75%3, con forti disparità regionali tra il Nord e il Sud e le isole, dove si registra la partecipazione più bassa. Un dato, questo, che denota ancora la presenza di significative barriere di accesso a strumenti di prevenzione fondamentali e considerati ormai di routine e l’esigenza di intervenire con politiche incisive in grado di portare l’Italia almeno alle soglie raccomandate a livello europeo. Questo dato, purtroppo, non è isolato, poiché anche altri Paesi analizzati dallo studio presentano risultati simili, con l’eccezione della Spagna, tanto che attualmente solo otto Paesi in tutta Europa raggiungono l’adesione minima suggerita. Inoltre, sebbene lo screening sia garantito a livello italiano per le donne tra i 50 e i 69 anni, non tutte le regioni hanno esteso il programma alla fascia 45-74 anni, come suggerito dalle raccomandazioni europee. Per incentivare l’adesione agli screening, lo studio propone ad esempio l’introduzione di unità di screening mobili per superare le barriere di accesso legate alla distanza e la digitalizzazione dei metodi di comunicazione, sostituendo le lettere di invito cartacee con e-mail o Sms.
Il tumore al seno non è solo una sfida clinica, ma anche sociale ed economica. In Italia, si stima che i costi annui legati alla malattia superino 1 miliardo di euro, di cui il 50% attribuibile a costi sociali, come invalidità civile e perdita di produttività lavorativa. Oggi, inoltre, il tumore al seno viene diagnosticato anche in donne giovani, nel pieno della loro vita professionale: una donna su 40 in Italia riceve la diagnosi prima dei 49 anni. Il report evidenzia quindi l’urgenza di garantire un’assistenza onnicomprensiva che vada oltre la cura oncologica, integrando nel percorso di cura aspetti come la sessualità, la preservazione della fertilità, il supporto psico-oncologico e finanziario, il sostegno al reinserimento lavorativo. Non solo durante le cure, ma anche negli anni che seguono la fine del trattamento. In questo senso, un traguardo significativo è stata l’introduzione nel 2023 della Legge sull’Oblio Oncologico, con cui l’Italia si è affiancata ad altri Paesi Europei che avevano già adottato un analogo provvedimento per la tutela delle persone guarite dal cancro, contribuendo a impedire discriminazioni e penalizzazioni in ambito economico e lavorativo. Nonostante la legge, tuttavia, emerge ancora la necessità di incrementare politiche efficaci per aumentare la qualità di vita di chi è riuscito a sopravvivere ad un tumore.