Giornata del malato. Il Papa ai malati e agli operatori: “Il vostro camminare insieme è inno alla dignità umana, un canto di speranza che va ben oltre le stanze e i letti in cui vi trovate”
11 FEB - “Cari malati, cari fratelli e sorelle che prestate la vostra assistenza ai sofferenti, in questo Giubileo voi avete più che mai un ruolo speciale. Il vostro camminare insieme, infatti, è un segno per tutti, ‘un inno alla dignità umana, un canto di speranza’ (Bolla Spes non confundit, 11), la cui voce va ben oltre le stanze e i letti dei luoghi di cura in cui vi trovate, stimolando e incoraggiando nella carità ‘la coralità della società intera’ (ibid.), in una armonia a volte difficile da realizzare, ma proprio per questo dolcissima e forte, capace di portare luce e calore là dove più ce n’è bisogno”. È questo il passaggio di chiusura del messaggio che
Papa Francesco ha diffuso in occasione della XXXIII Giornata Mondiale del Malato, che si celebra oggi.
Il Pontefice cita San Paolo - “La speranza non delude” – e invita a riflettere sulla presenza di Dio vicino a chi soffre, in particolare sotto tre aspetti che la caratterizzano: l’incontro, il dono e la condivisione. E su questo ultimo aspetto, in particolare, sottolinea come “i luoghi in cui si soffre sono spesso luoghi di condivisione, in cui ci si arricchisce a vicenda. Quante volte, al capezzale di un malato, si impara a sperare! Quante volte, stando vicino a chi soffre, si impara a credere! Quante volte, chinandosi su chi è nel bisogno, si scopre l’amore! Ci si rende conto, cioè, di essere “angeli” di speranza, messaggeri di Dio, gli uni per gli altri, tutti insieme: malati, medici, infermieri, familiari, amici, sacerdoti, religiosi e religiose; là dove siamo: nelle famiglie, negli ambulatori, nelle case di cura, negli ospedali e nelle cliniche”.
“Ed è importante – dice Bergoglio - saper cogliere la bellezza e la portata di questi incontri di grazia e imparare ad annotarseli nell’anima per non dimenticarli: conservare nel cuore il sorriso gentile di un operatore sanitario, lo sguardo grato e fiducioso di un paziente, il volto comprensivo e premuroso di un dottore o di un volontario, quello pieno di attesa e di trepidazione di un coniuge, di un figlio, di un nipote, o di un amico caro. Sono tutte luci di cui fare tesoro che, pur nel buio della prova, non solo danno forza, ma insegnano il gusto vero della vita, nell’amore e nella prossimità”.