“’La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti’. Il supremo concetto di Repubblica diventa evanescente quando la leale collaborazione tra Governo e Regioni si trasforma in acceso conflitto istituzionale, spesso poi risolto con compromessi sempre più al ribasso. Ignorando che le conseguenze vengono scaricate sulle fasce più deboli della popolazione e concretizzando il più disumano dei paradossi: quegli indigenti a cui la Repubblica è tenuta a garantire cure gratuite, oggi rinunciano alle prestazioni sanitarie per le interminabili liste di attesa o per motivi economici”. È quanto scrive in una nota il Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta commentando la mancata intesa in Conferenza Stato-Regioni sul Dpcm sui poteri sostitutivi previsto dal Dl Liste d’attesa.
“Ma – prosegue - lo sterile braccio di ferro ad oltranza tra Ministero della Salute e Regioni sul decreto attuativo più indigesto (quello sull’attuazione dei poteri sostitutivi dello Stato verso le Regioni inadempienti), sembra più un pretesto per non riconoscere, accettare e risolvere le enormi difficoltà di attuazione del Decreto “Liste di attesa”, in forte ritardo su tutti i fronti. Incrinando in maniera molto pericolosa per la tutela della salute quella “leale collaborazione” tra due poli che ormai appaiono sempre più indeboliti”.
“Dimenticando che il “sintomo” liste di attesa dipende dal grave indebolimento del SSN perpetrato da tutti i Governi degli ultimi 15 anni, e dalla grave crisi del personale sanitario. Ecco perché senza coraggiose riforme, accompagnate dal progressivo rilancio del finanziamento pubblico, la più grande opera pubblica mai costruita in Italia finirà per disgregarsi, risolvendo il problema delle liste di attesa con la privatizzazione di un diritto fondamentale. Perché solo chi potrà pagare, di tasca propria o tramite assicurazioni, potrà curarsi. Chi non potrà dovrà rinunciare!”, conclude il Presidente della Fondazione Gimbe.