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Carenza professioni sanitarie: i numeri della crisi. Una borsa su tre di specializzazione va deserta e tra i corsisti in medicina generale vuoti il 15% dei posti. Male anche per gli infermieri. E poi tra rischio burnout e stipendi bassi è boom di dimissioni volontarie
Tutti numeri messi in fila dal Ministero della Salute durante l’audizione in Commissione Affari sociali sul riordino delle Professioni sanitarie tenuta dal Direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Ssn, Mariella Mainolfi che ha analizzato punto per punto tutte le criticità che avvolgono il personale sanitario e tracciato il percorso per invertire il trend. IL DOCUMENTO
31 GEN -

La percentuale dei contratti di formazione specialistica andati deserti è pari al 29% del totale contratti finanziati con risorse statali per l’anno accademico. 2023/2024. E per la formazione in medicina generale il dato è al 15%. Male anche per gli infermieri dove il rapporto tra domande e chi effettivamente si è iscritto al primo anno d’infermieristica è dello 0,85. Ma non solo difficoltà nell’accesso: prosegue infatti il fenomeno delle dimissioni volontarie dal Ssn: nel 2022 se ne sono andati in 18.243 contro i 5.780 del 2016.

Tutti numeri messi in fila dal Ministero della Salute durante l’audizione in Commissione Affari sociali sul riordino delle Professioni sanitarie tenuta dal Direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Ssn, Mariella Mainolfi che ha analizzato punto per punto tutte le criticità che avvolgono il personale sanitario e tracciato il percorso per invertire il trend.

“La capacità dei sistemi sanitari – si legge nella documentazione trasmessa alla Commissione - di fornire servizi sanitari e soddisfare le nuove richieste di assistenza dipende fortemente dalla disponibilità di una forza lavoro flessibile, quantitativamente adeguata ed in possesso di competenze aggiornate. Occorre premettere che si può parlare di carenza quando si crea un gap tra domanda ed offerta di professionisti; pertanto, sebbene i dati disponibili sul personale dipendente del SSN (fonte IGOP Conto annuale) mostrino che dal 2017 al 2022 il personale del ruolo sanitario sia aumentato di circa 27.000 unità, pari a +6% circa in termini percentuali, di cui l’aumento maggiore, di oltre 19.000 unità, è riferito al personale infermieristico, la criticità persiste”.

I macro fattori che incidono sulla carenza di personale sanitario sono:

-l’invecchiamento della popolazione (l’ISTAT stima che le persone di età pari o superiore a 65 anni (ad oggi corrispondenti al 24,5% del totale) potrebbero rappresentare il 35% del totale della popolazione entro il 2050;

-il contestuale calo delle nascite cui consegue una popolazione in netta diminuzione nelle fasce di età più giovani. A titolo esemplificativo la popolazione in età pediatrica diminuirà di 1 milione 102mila unità dal 2024 al 2050 con ripercussioni anche in termini di disponibilità di nuovi professionisti da formare nel nostro Paese;

-la crisi vocazionale delle professioni sanitarie soprattutto per alcuni profili. Basti pensare che per il corso di laurea in infermieristica il rapporto tra domande e numero di posti attivati a livello nazionale nell’anno accademico 2023/2024 risulta essere in media pari a 1,1 (ossia 1,1 candidato per un posto disponibile), presentando una ulteriore flessione rispetto agli anni precedenti.

-la minore attrattività del SSN che si manifesta con difficoltà di reclutamento, soprattutto in specifiche aree geografiche e/o per alcune figure professionali o specializzazioni mediche;

-le difficoltà di trattenimento in servizio. I dati mostrano infatti un incremento delle cosiddette “dimissioni volontarie” non solo riferite ai dirigenti medici ma anche al personale infermieristico.

-l’approssimarsi del picco della curva pensionistica di alcuni professionisti. In primis il fenomeno riguarda gli infermieri. Sono oltre 53.000 gli infermieri impiegati presso le strutture del SSN di età compresa tra i 55 e i 59 anni che pertanto raggiungeranno nei prossimi anni i requisiti di pensionamento ed ancora più numerosa è la coorte di professionisti tra i 50 e 54 anni; in pratica circa il 41% degli infermieri del SSN ha tra i 50 ed i 59 anni.

-le condizioni di lavoro, rese ad elevato rischio di burn-out e che non consentono un adeguato bilanciamento tra lavoro e vita privata, oggi ritenuto fondamentale soprattutto per le nuove generazioni.



Male anche gli stipendi
“Per quel che concerne invece il trattenimento in servizio – prosegue il documento -, le esigenze di intervento sono molteplici e riguardano diversi aspetti che, congiuntamente, possono incidere sull’attrattività del SSN: aumento retributivo, miglioramento delle condizioni di lavoro, maggiore sicurezza nel luogo di lavoro, limitazione della responsabilità professionale. Per quanto riguarda nello specifico il fattore retributivo, dal confronto con gli altri Paesi europei (fonte OECD) si rileva che la remunerazione dei medici specialisti italiani risulta inferiore del 4% rispetto al valore medio calcolato sulle retribuzioni degli altri Paesi europei; per gli infermieri la forbice è molto più ampia e lo stipendio di un infermiere italiano è di circa il 19% inferiore alla media europea”.

Cosa fare per invertire la rotta
Non solo analisi nell’audizione il Ministero traccia anche la rotta: “E’ fondamentale far leva sulla motivazione dei professionisti, garantire l’autonomia e l’esercizio della responsabilità, investire sullo sviluppo delle competenze e sui percorsi di carriera, nonché promuovere il merito e riconoscere i risultati. Con l’avanzare delle conoscenze scientifiche e delle tecnologie, infatti, molte delle competenze richieste dai contesti professionali sempre più complessi si sono ampliate, rendendo al contempo obsolete competenze connesse all’uso di strumentazioni e tecniche sanitarie superate. Occorre, quindi, con particolare riferimento al personale del comparto sanitario, riconoscere le c.d. “competenze avanzate””. In quest’ottica “al fine di armonizzare tutti gli interventi normativi che si rendono necessari per attuare un riordino delle professioni sanitarie, si ritiene auspicabile la presentazione di un disegno di legge delega che impegni il Governo a porre in essere una riforma organica del personale sanitario, che affronti le problematiche esistenti, stabilendo un nuovo assetto delle professioni sanitarie, quale strumento cardine e guida di un nuovo SSN, caratterizzato da una forza lavoro moderna e al passo con i tempi, in grado di ricostruire un nuovo rapporto di fiducia con i cittadini”.

Luciano Fassari

31 gennaio 2025
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