Giovedì 03 APRILE 2025
Zzzquil marzo 2025
Governo e Parlamento
Rinoclenil
Segui ilFarmacistaOnline
Governo e Parlamento
L’inverno demografico farà male ai conti pubblici. Istat: “Sempre più anziani e meno giovani spingeranno verso l’alto i livelli della spesa sanitaria, previdenziale e assistenziale”
E' quanto sottolineato dal Presidente Francesco Maria Chelli in audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto. Il 2024 evidenzia una dinamica demografica in continuità con quella dei recenti anni post-pandemici: un calo contenuto della popolazione residente, la conferma di una dinamica naturale fortemente negativa i cui effetti vengono attenuati da una dinamica migratoria positiva, la progressiva contrazione della dimensione media delle famiglie. TESTO AUDIZIONE
01 APR - “Un numero crescente di persone inattive e con limitazioni dell’autonomia personale, a fronte di una progressiva riduzione delle persone in età attiva, tenderà dunque a spingere verso l’alto i livelli della spesa pubblica in ambito sanitario, previdenziale e assistenziale, con possibili ripercussioni negative sulle risorse da destinare alle famiglie con figli e sulla già scarsa mobilità sociale intergenerazionale che contraddistingue il nostro Paese”. E' quanto sottolineato da

l Presidente Istat Francesco Maria Chelli in audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto.

“Il 2024 -a ha ribadito Chelli - evidenzia una dinamica demografica in continuità con quella dei recenti anni post-pandemici: un calo contenuto della popolazione residente, la conferma di una dinamica naturale fortemente negativa i cui effetti vengono attenuati da una dinamica migratoria positiva, la progressiva contrazione della dimensione media delle famiglie. Il 2024 aggiunge però alcuni elementi: il minimo storico di fecondità, una speranza di vita che supera definitivamente i livelli pre-pandemici, l’aumento degli espatri di cittadini italiani, il nuovo massimo di acquisizioni della cittadinanza italiana, a cui si affianca comunque l’importante crescita della popolazione straniera residente. Al 1° gennaio 2025 la popolazione residente conta 58 milioni 934mila unità, 37mila in meno rispetto alla stessa data dell’anno precedente. Il processo di diminuzione della popolazione, in atto dal 2014, prosegue ininterrottamente e il decremento registrato nel 2024 (-0,6 per mille) è in linea con quanto osservato nei due anni precedenti (-0,4 per mille nel 2023 e -0,6 per mille nel 2022). Il calo di popolazione non coinvolge in modo generalizzato tutte le aree del Paese: mentre nel Nord la popolazione aumenta dell’1,6 per mille, il Centro e il Mezzogiorno registrano variazioni negative pari rispettivamente al -0,6 per mille e al -3,8 per mille. Nel 2024 le nascite si attestano a quota 370mila, registrando una diminuzione sul 2023 del 2,6%. Calano anche i decessi (651mila), il 3,1% in meno sul 2023, dato più in linea con i livelli pre-pandemici che con quelli del triennio 2020-22. Il saldo naturale, ovvero la differenza tra nascite e decessi, risulta quindi ancora fortemente negativo (-281mila unità). Le immigrazioni dall’estero sono 435mila e, per quanto inferiori di circa 5 mila unità rispetto al 2023, si mantengono sostenute”.

“Nel quadro di una popolazione che tende a invecchiare - spiega - il numero di decessi tende strutturalmente a crescere, in quanto più individui sono esposti ai rischi di morte, anche qualora i rischi di mortalità rimanessero invariati da un anno all’altro. Quando ciò non si verifica, come nell’ultimo anno, può dipendere dal mutevole andamento delle condizioni climatico-ambientali, dall’alterna virulenza delle epidemie influenzali da una stagione alla successiva, da un precedente significativo eccesso di mortalità dovuto a circostanze eccezionali come avvenuto nel periodo pandemico e post-pandemico. Negli ultimi 15 anni si sono osservati diversi picchi significativi, nel 2012, 2015, 2017 e soprattutto nel 2020-2022, ai quali ha sempre fatto seguito un calo della mortalità negli anni immediatamente successivi. Il calo dei decessi si traduce in un guadagno di vita rispetto al 2023 di circa cinque mesi sia per gli uomini sia per le donne. La speranza di vita alla nascita nel 2024 è stimata in 81,4 anni per gli uomini e in 85,5 anni per le donne (+0,4 in decimi di anno), superando anche i livelli raggiunti nel 2019. Il difficile periodo legato alla pandemia sembra essere ormai superato, con una sopravvivenza che torna a registrare incrementi significativi come in passato. Certamente la pandemia ha lasciato un segno importante, lo testimonia il fatto che ci sono voluti 4 anni per un ritorno alla normalità storica: se la pandemia non avesse avuto luogo, oggi si parlerebbe molto probabilmente di livelli di sopravvivenza ancora migliori di quelli registrati”.

Ancora, “il calo delle nascite, oltre che essere determinato da un’importante contrazione della fecondità, è causato anche dalla riduzione nel numero dei potenziali genitori, a sua volta risultato del calo del numero medio di figli per donna registrato negli anni che li ha visti nascere. La rilevanza dell’aspetto strutturale è ben evidente, considerando che la popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (15-49 anni) è passata da 14,3 milioni di unità al 1° gennaio 1995 a 11,4 milioni al 1° gennaio 2025. Gli uomini nella stessa fascia di età, pari a 14,5 milioni trenta anni fa, sono oggi circa 11,9 milioni. In tali condizioni, nel 1995, con una fecondità di poco superiore a quella odierna, le coppie misero comunque al mondo 526mila bambini, ossia 156mila in più di quelli nati nel 2024”.

Il presidente Istat cita anche delle proiezioni sul futuro dell'Italia: “In linea con la tendenza di diminuzione della popolazione in atto dal 2014, lo scenario di previsione ‘mediano’ contempla un ulteriore calo di 439mila individui tra il 2023 e il 2030 (da poco meno di 59 a 58,6 milioni), con un tasso di variazione medio annuo pari al -1,1 per mille. Nel medio termine, tra il 2030 e il 2050, la diminuzione della popolazione risulterebbe più accentuata: da 58,6 milioni a 54,8 milioni (tasso di variazione medio annuo pari al -3,3 per mille). Entro il 2080 la popolazione scenderebbe a 46,1 milioni, diminuendo di ulteriori 8,8 milioni rispetto al 2050 (-5,8 per mille in media annua), con un calo complessivo dall’anno base 2023 di 12,9 milioni di residenti. Nell’ipotesi più favorevole, dettata dallo scenario alto delle previsioni (limite superiore dell’intervallo di confidenza del 90%), la popolazione potrebbe subire una perdita di ‘soli’ 5,9 milioni tra il 2023 e il 2080, di cui 2,0 milioni già entro il 2050. Nel caso meno propizio, descritto dallo scenario basso delle previsioni (limite inferiore dell’intervallo di confidenza del 90%), il calo di popolazione toccherebbe i 19,7 milioni di individui entro il 2080, 6,3 milioni dei quali già in vista del 2050. In buona sostanza, nell’ambito di ipotesi ragionevoli (quelle cioè potenzialmente prospettabili per il Paese, a meno di ipotizzare scenari da replacement level11) la popolazione diminuirà, ma l’entità della riduzione può presentare evidenze numeriche molto diverse, che richiamano scenari non solo demografici ma anche sociali ed economici altrettanto diversi”.

01 aprile 2025
Ultimi articoli in Governo e Parlamento
IlFarmacistaOnline.it
www.fofi.it
Direttore responsabile
Andrea Mandelli
Editore
QS Edizioni srl
contatti
P.I. P.I. 12298601001
Riproduzione riservata.
Copyright 2022 © QS Edizioni srl Srl. Tutti i diritti sono riservati | P.I. 12298601001