A distanza di diversi anni ormai dalla sua emanazione, la riforma degli Ordini professionali operata citata Legge Lorenzin non è stata ancora completamente attuata. Si tratta inoltre di una norma superata, risalente alla fase antecedente alla pandemia. Si dovrebbe quindi mettere mano a questa legge "al fine di rivedere in modo condiviso alcune disposizioni che necessitano di essere ammodernate".
Così il presidente della Fofi, Andrea Mandelli, audito oggi pomeriggio dalla commissione Affari sociali della Camera nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie.
"A distanza di diversi anni ormai dalla sua emanazione, la riforma degli Ordini professionali operata citata Legge non è stata ancora completamente attuata. In particolare, si registra la mancata adozione del regolamento previsto dall’art. 4, comma 5, della Legge 11 gennaio 2018, n. 3, nonostante la predisposizione di uno schema dello stesso da parte della Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale, a seguito della conclusione dei lavori del Gruppo di lavoro che ha coinvolto tutti i rappresentati delle Federazioni degli Ordini delle Professioni Sanitarie. Ad oggi, pertanto, resta una riforma solo in parte attuata che convive con norme riferite al precedente assetto ordinamentale e che continuano ad essere applicate in attesa dell’approvazione del nuovo Regolamento. A tal proposito, si evidenzia la necessità di avviare una riflessione nuova in materia al fine di rivedere in modo condiviso alcune disposizioni che necessitano di essere ammodernate, ancor più dopo la fase pandemica", ha sottolineato Mandelli.
Il presidente della Fofi ha poi rimarcato alcune difficoltà operative della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (Cceps) che, a causa dell’attuale struttura organizzativa, resta priva di un adeguato supporto amministrativo. "Tale situazione si ripercuote sul funzionamento dell’organo di giurisdizione la cui attività sconta notevoli ritardi nella gestione delle pratiche riguardanti la professione di farmacista. Va peraltro tenuto presente che l’unico componente della Commissione in possesso di una professionalità giuridica, e quindi in grado di dedicarsi alla redazione delle sentenze, è il Presidente. Andrebbero, quindi, individuati altri componenti dotati delle competenze professionali necessarie all’esercizio di una funzione giudiziale. Si evidenzia, infine, l’opportunità di prevedere il riconoscimento di un compenso per i sanitari che operano nella Commissione, al fine di ristorare l’impegno profuso nell’ambito della stessa e sottratto alle loro ordinarie attività professionali".
Con specifico riguardo alla professione di farmacista, la Federazione "da tempo ha intercettato l’esigenza, avvertita dai professionisti nel quotidiano esercizio della propria attività, della semplificazione di una serie di adempimenti che aggravano l’attività professionale con inutili oneri amministrativi e con pesanti ripercussioni sugli stessi pazienti, in termini di efficienza e qualità del servizio. In tal senso sarebbe prioritario dare nuovo impulso all’esame del disegno di legge recante 'Delega per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e misure in materia farmaceutica e sanitaria e di autorizzazioni di polizia' (AC 1640), già avviato dalle Commissioni riunite I e XII della Camera, ma fermo al 27 marzo u.s., nonché del disegno di legge 'Disposizioni per la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti in materia di attività economiche e di servizi a favore dei cittadini e delle imprese' (AS 1184) all’esame della Commissione 1 del Senato.
Un'ulteriore criticità riguardante i farmacisti attiene poi all'ambito universitario. "Nel 2023 - ha ricordato Mandelli - i laureati in farmacia e in farmacia industriale sono stati poco più di 4.000. Dal confronto con i dati del passato emerge la crisi di iscrizioni: sono stati persi, infatti, più di 1.000 iscritti (circa il 20%) rispetto a cinque anni fa e anche rispetto al 2021 si registra un calo di quasi 500 studenti (circa il 10%).In più, si segnala che il tasso di abbandono degli studi è elevato a causa della selettività del corso di laurea. A solo titolo esemplificativo, in ambito nazionale, nel triennio 2020-2023, ha abbandonato il corso di laurea il 42% degli iscritti".
E la situazione potrebbe peggiorare con la recente riforma dei test a Medicina. "Si ha timore che la situazione possa aggravarsi ulteriormente con la riforma che sta interessando il corso di laurea in medicina, considerato che la previsione di una possibilità di iscrizione senza il filtro dell’accesso programmato potrebbe comportare una riduzione degli iscritti al corso di laurea in farmacia. In ogni caso, la circostanza di ripiegare sul corso di laurea in farmacia come 'seconda scelta' comporta un tangibile pericolo di avere studenti demotivati ovvero semplicemente in attesa di una nuova chance di iscrizione a medicina. Il farmacista, invece, è oggi chiamato – e lo sarà sempre maggiormente nel futuro – ad assicurare prestazioni professionali altamente complesse, anche alla luce del nuovo ruolo e delle nuove funzioni allo stesso riconosciute dalla legge, che necessitano di una robusta motivazione nella scelta del percorso di studi e di un solido patrimonio di conoscenze e competenze acquisite durante il percorso universitario", ha concluso Mandelli.