Covid, migranti più soggetti all’infezione e con minor accesso a vaccini e test. Le evidenze in tre revisioni sistematiche
Le tre revisioni sistematiche hanno visto la collaborazione tra il Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Isse il Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università Sapienza di Roma, mostrano come a favorire il rischio di contagio erano, ad esempio, gli alloggi sovraffollati, la deprivazione sociale o le barriere all'accesso alle informazioni, come quelle linguistiche, ma anche possibili predisposizioni biologiche e genetiche.
07 NOV - I migranti e le minoranze etniche durante la prima ondata della pandemia sono stati esposti a un rischio maggiore di infezione da Covid-19 rispetto al resto della popolazione in Europa, con esiti clinici peggiori, anche in termini di mortalità una volta contratto il virus, e ricorsi alle cure ospedaliere. Si sono riscontrati inoltre, in questo gruppo di popolazione, diseguaglianze nella possibilità di prevenire il Covid-19 tramite una adeguata informazione e maggiori ostacoli nell’accesso ai test e alla vaccinazione. È il quadro che emerge da tre revisioni sistematiche della letteratura svolte nel corso degli ultimi due anni (l’ultima è stata pubblicata recentemente sul
Journal of Public Health), che hanno visto la collaborazione tra il Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità e il Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università Sapienza di Roma.
Tra i fattori di rischio che hanno favorito la maggiore esposizione al virus Sars-Cov-2 le occupazioni ad alto rischio, gli alloggi sovraffollati, la deprivazione sociale, le barriere all'accesso alle informazioni riguardanti le misure preventive (ad esempio a causa di barriere linguistiche), insieme a possibili predisposizioni biologiche e genetiche. Per quanto riguarda gli esiti clinici in termini di salute delle minoranze etniche e dei migranti una volta contratta l’infezione, secondo gli studiosi va approfondito l’impatto degli aspetti socio-economici e culturali.
“Alla base di queste diseguaglianze di salute vi sono fattori, definiti comunemente determinanti sociali, come uno status socio-economico svantaggiato, un razzismo definibile come ‘strutturale’ e un accesso asimmetrico all’informazione e all’assistenza sanitaria - commenta
Maria Elena Tosti, del Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Iss. I nostri risultati contribuiscono a sostenere politiche inclusive e azioni programmatiche mirate a raggiungere i migranti e le minoranze etniche. È necessario in particolare che i responsabili politici diano priorità alle strategie per costruire la fiducia per superare le barriere nella progettazione di programmi di promozione della salute e di assistenza”.