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Nencioni (Omeoimprese): "Dal Governo un segnale concreto a tutela del principio di libertà terapeutica"
A colloquio con Silvia Nencioni, presidente e amministratrice delegata di Boiron Italia, da alcuni mesi alla guida di Omeoimprese, associazione che riunisce le aziende del comparto omeopatia in Italia
04 MAR -

È da poco entrato in vigore il nuovo decreto tariffe che contiene una novità in materia di medicinali omeopatici: come è stato accolto e quali effetti può generare sulla crescita del comparto?

Il nuovo Decreto Tariffe, in vigore dallo scorso 10 novembre, rappresenta un traguardo importante per il mercato dell’omeopatia perché recepisce alcune importanti richieste del settore che tengono in considerazione le peculiarità dei medicinali omeopatici. Un ambito che, seppur rappresenti lo 0,6% del mercato farmaceutico in Italia, è caratterizzato da un numero estremamente elevato di referenze.

Nello specifico, questo provvedimento prevede una riduzione di circa il 70% degli importi delle tariffe relativi alle variazioni dei farmaci omeopatici post primo rinnovo e/o post AIC, e garantisce un ulteriore sgravio del 25% a favore delle PMI, che in Omeoimprese rappresentano più della metà degli associati.

Ecco, riteniamo che questo sia un segnale concreto nei confronti dell’omeopatia da parte del Governo, che ha mostrato così di avere a cuore innanzitutto la tutela del principio di libertà terapeutica e lo sviluppo delle aziende del comparto presenti sul territorio italiano. Un settore che in questi mesi ha mostrato segnali di sofferenza per via della forte spinta inflazionistica causata dall’aumento dei costi di produzione e che, grazie a questo decreto, può avere una boccata di ossigeno per crescere.

Il nuovo Decreto Tariffe, tuttavia, rappresenta solo un primo passo per la crescita dell’omeopatia nel nostro Paese. Per questo, come Associazione, ci stiamo già impegnando per arrivare a un adeguamento delle tariffe anche per l’immissione di nuovi medicinali omeopatici, così da favorire la continua innovazione e la crescita delle aziende, come peraltro già avviene in altri Paesi europei, quali Francia, Germania, Spagna e Irlanda.

Proprio dal confronto con altri Paesi europei, le aziende del settore evidenziano spesso che in Italia vige un quadro regolatorio restrittivo: quali restano gli ostacoli da superare?

L’Italia vanta una tradizione omeopatica ormai consolidata, che riconosce da decenni lo statuto di ‘medicinale’ agli omeopatici e che vede milioni di concittadini scegliere questi farmaci, grazie al consiglio di migliaia di professionisti della salute, medici e farmacisti. Eppure, nel nostro Paese vige ancora una situazione regolatoria che ostacola il pieno sviluppo del comparto. La legge italiana, infatti, non consente alle aziende del settore di indicare sulle confezioni i campi di applicazione e la posologia dei medicinali omeopatici, così come di farne oggetto di comunicazione al pubblico, a differenza di altri Paesi europei. Per questa ragione riteniamo sia prioritario far evolvere la normativa di riferimento, così da poter inserire tali informazioni che sono necessarie per la salute dei pazienti e il corretto utilizzo di questi farmaci. Resta, a maggior ragione, di fondamentale importanza il ruolo di intermediazione del farmacista, così come del medico, nell’offrire ai pazienti un consiglio competente su questi medicinali, che sono scelti da oltre 10 milioni di italiani, spesso in prima intenzione, perché considerati efficaci e sicuri.

Se è vero che i farmacisti hanno un ruolo importante nella dispensazione degli omeopatici, quale percepito riscontrate presso le farmacie italiane?

Il rapporto farmacisti/omeopatia è un tema che mi sta particolarmente a cuore. Anch’io sono farmacista, sebbene non abbia mai esercitato al banco perché sono entrata in Boiron subito dopo la laurea, ricoprendo diversi incarichi a partire dall’informazione scientifica su questi medicinali. Da allora sono trascorsi 25 anni e nonostante oggi sia alla guida della filiale italiana di Boiron e ricopra anche la carica di Presidente di Omeoimprese, cerco sempre di trovare il tempo per visitare le farmacie e confrontarmi con voi farmacisti su queste tematiche.

Al di là del riscontro positivo che rileviamo nel dialogo con un’alta percentuale di colleghi, credo sia interessante condividere quanto emerge da una recente ricerca condotta dall'Università di Pavia nel 2023, che ha messo in luce come il 70% dei farmacisti italiani sia soddisfatto nel consigliare un medicinale omeopatico. La ricerca evidenzia anche che l'omeopatia è apprezzata nella prevenzione (84,5%) e nella cura (85,5%) di diverse patologie, tanto che il 61,5% dei farmacisti arriva addirittura a privilegiare i medicinali omeopatici rispetto a quelli tradizionali, laddove opportuno.

Un dato che personalmente non mi stupisce. Sono convinta, infatti, che l'omeopatia rappresenti una grande opportunità per il consiglio al banco: parliamo di medicinali dispensati solo in farmacia, che non interagiscono con altri farmaci e che possono essere consigliati in sicurezza a tutti i pazienti, incluse le donne in gravidanza, i bambini, anche molto piccoli, e i soggetti politrattati.

Per fare questo, tuttavia, è fondamentale che il farmacista sia competente su questi farmaci, colmando così una lacuna correlata ai percorsi di formazione universitari. Al di là di alcune eccezioni, infatti, ancora oggi i giovani farmacisti escono dagli atenei universitari senza aver sviluppato una formazione adeguata sui medicinali omeopatici. I pazienti si aspettano di trovare competenza al banco, trattandosi di medicinali, e non sempre la trovano. Si tratta peraltro di un’esigenza riconosciuta anche dal Codice Deontologico che sottolinea come il farmacista, per il ruolo che gli è riconosciuto, sia tenuto a estendere la propria competenza professionale anche alle medicine non convenzionali, inclusa l’omeopatia. Per questo, auspichiamo che lo studio dell’omeopatia sia incluso nei corsi di laurea in Farmacia e CTF.

04 marzo 2024
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