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Influenza. Stagione ‘classica’ dopo 2 anni di picco precoce. Ma la vera novità è la marcata riduzione delle bronchioliti. Intervista ad Agostiniani, presidente Sip
E’ stato raggiunto il picco stagionale dell’influenza, con incidenza in aumento solo nelle fasce di età pediatrica, soprattutto nei bambini sotto i 5 anni di età. Il pediatra traccia l’identikit dell’epidemia 2024-2025.
24 GEN -

“Quella di quest’anno è stata una normale epidemia influenzale: siamo tornati alle caratteristiche pre-pandemia, con un picco fra gennaio e febbraio, mentre nei primi due anni dopo il Covid l’apice si raggiungeva prima: questo perché soprattutto bambini e ragazzi avevano perso due anni di ‘allenamento’ nei confronti delle infezioni virali, il loro sistema immunitario era più suscettibile e quindi il numero di casi aumentava più facilmente. Ora tutto è tornato alla normalità. Quello che ha caratterizzato questa stagione invernale è stata piuttosto la marcata riduzione di bronchioliti in funzione delle nuove strategie preventive messe in atto, se pur in modo diverso, dalle varie regioni”. A tracciare il quadro con Quotidiano Sanità è Rino Agostiniani, neo-presidente della Società italiana di pediatria e Direttore Area Pediatria e Neonatologia, Azienda USL Toscana Centro, dopo la pubblicazione degli ultimi dati ufficiali che confermano il probabile arrivo del picco di casi di influenza in Italia.

“Abbiamo avuto e stiamo avendo un’influenza come è sempre stata – spiega – con febbre prolungata anche 4-5 giorni, a volte nei più piccoli con disturbi gastro-intestinali oltre che respiratori, e forme più gravi osservate soprattutto nei soggetti fragili. Parallelamente circolano virus ‘classici’ come adenovirus, metapneumovirus e altre numerose famiglie che tendono a essere più presenti in questo periodo per le modalità del vivere sociale in ambienti chiusi. Per i ceppi influenzali abbiamo però una efficace strategia di prevenzione che è la vaccinazione, purtroppo le coperture non sono alte, anche se di certo quest’anno c’è stato un incremento grazie all’utilizzo del vaccino in spray nasale, ben accettato da bambini e genitori. Ma i numeri non sono alti, come purtroppo non lo sono nelle categorie a rischio degli anziani e degli anziani fragili”.

Da sottolineare quest’anno, evidenzia Agostiniani “la marcata riduzione delle forme più importanti di bronchiolite nei bambini più piccoli: i casi sono diminuiti in modo significativo, seppur con comportamenti diversi nelle varie regioni, che stiamo studiando come Sip attraverso una survey che a fine stagione epidemica andrà a fare un confronto e un’analisi di come sia cambiato l’andamento delle bronchioliti in Italia in funzione delle diverse strategie adottate. La Toscana per esempio ha iniziato a somministrare l’anticorpo monoclonale a inizio novembre a tutti i nuovi nati e ha accostato questo a un’attività molto ben fatta dalla pediatria di famiglia per il richiamo dei nati dal 1 aprile, con coperture importanti e risultati molti buoni. Ci sono state delle differenze nelle scelte in altre regioni, prevalentemente dettate dal ritardo nell’acquisto del farmaco e dalle decisioni di tipo economico. Sicuramente la migliore opzione è di assicurare la protezione con l’anticorpo a tutti coloro che nascono nella stagione epidemica e poi richiamare i nati nei mesi precedenti per coprire in questo modo tutti i bambini. Se a tutto questo si unisce la vaccinazione in gravidanza, sicuramente abbiamo strumenti per rendere poco pericoloso questo virus che ha sempre messo a repentaglio la salute dei bambini da 0 a 6 mesi in questo periodo dell’anno”.

Per quanto riguarda sintomi e trattamento dell'influenza “il mio consiglio è sempre quello di non farsi spaventare dalla febbre alta, perché è il più potente meccanismo di difesa per combattere le malattie. Ciò che bisogna osservare sono le condizioni generali del bambino: se la febbre scende con un antipiretico e il piccolo è in buone condizioni, anche se poi la temperatura risale questo non ci deve intimorire e dobbiamo dare tempo all’organismo di combattere l’infezione. Se invece è molto mogio, apatico, occorre farlo valutare dal pediatra. Ma spesso la gran paura della febbre che sale non corrisponde a un vero rischio per la salute del bambino, e soprattutto non va accostata alla necessità di terapie antibiotiche, che è priva di qualunque senso scientifico, se non in presenza di una diagnosi di forma batterica. In caso contrario è solo controproducente per la salute del bambino. Fra le forme virali fa poca differenza sapere se si tratta di influenza o di un altro virus, dato che la gestione dei sintomi è lo stessa. Una volta scesa la febbre – precisa il pediatra – non bisogna avere fretta di re-inserire il bambino a scuola o a sport: ognuna di queste malattie deprime un po’ le difese immunitarie, per cui se ci si reca in ambienti affollati e si è convalescenti è certamente più facile incontrare e contrarre altre forme virali. Piuttosto non avere paura del freddo: ci si può vestire adeguatamente e andare a fare un giro al parco”.

Barbara Di Chiara

24 gennaio 2025
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