La Regione Lombardia ha presentato un ricorso al Tar del Lazio per contestare l’applicazione retroattiva dei nuovi criteri di ripartizione del payback farmaceutico stabiliti dal Decreto interministeriale del 4 febbraio 2025, che riguarda la copertura dello sforamento della spesa farmaceutica per acquisti diretti nel 2023. Il decreto, emanato dal Ministero della Salute di concerto con il Mef e varato a dicembre dalla Conferenza Stato-Regioni, applica i criteri introdotti dalla legge 189/2024 anche all’anno precedente alla sua entrata in vigore. Tali criteri prevedono una nuova modalità di calcolo della quota di ripiano, con un mix del 50% pro capite e 50% basato sullo sforamento regionale.
Secondo il ricorso la Lombardia, unica insieme al Lazio tra le Regioni ad aver espresso voto contrario nella Conferenza Stato-Regioni, contesta in particolare la retroattività del provvedimento, ritenuta lesiva del principio di legalità, del legittimo affidamento e della certezza del diritto, e la violazione dei principi di contabilità pubblica, tra cui continuità, costanza e congruità dei bilanci. L’impatto economico negativo è quantificato in una perdita di 130,7 milioni di euro rispetto alla previsione di bilancio per il 2024, che avrebbe potuto contare su entrate da payback per 277,4 milioni e invece ne riceverà 146,7 milioni.
Nel ricorso, presentato dall’avvocato regionale Raffaela Antonietta Maria Schiena contro la presidenza del Consiglio dei ministri, i ministeri della Salute, dell’Economia, agli Affari regionali, la Conferenza Stato-Regioni e l’Agenzia del farmaco, si ricorda il voto contrario di Regione Lombardia alla proposta di retroattività, e si chiede la sospensione cautelare degli atti impugnati e, nel merito, il loro annullamento, in quanto ritenuti illegittimi, nulli e privi di effetti nella parte in cui applicano ex post criteri che sarebbero validi solo pro futuro. La Regione Lombardia denuncia anche una penalizzazione delle Regioni più virtuose nel contenimento della spesa, a vantaggio di quelle con maggiore sforamento, minando la sostenibilità della propria programmazione sanitaria e la qualità dell’offerta assistenziale.