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In Italia quasi 4,5 milioni di disabili: il 7,2% della popolazione. Restano ancora troppe difficoltà per l’accesso a servizi e inclusione
La foto l'ha scattata l’Osservatorio sulla salute della Cattolica in occasione della Giornata internazionale della disabilità che si celebra oggi. Dei 4,5 milioni di disabili, circa 2 milioni 155 mila sono in condizioni di particolare gravità e di questi 888 mila vivono nel Mezzogiorno, 806 mila nel Nord e 461 mila nelle regioni del Centro. Ogni anni la spesa dedicata tra previdenza e assistenza è di 27,7 miliardi e ci colloca a metà classifica nella UE opo i Paesi del Nord Europa. IL FOCUS DELLA CATTOLICA.
03 DIC - “Un problema ancora aperto nel nostro Paese è quello dell’inclusione sociale delle persone con disabilità, ci si riferisce ai diritti inalienabili di un numero elevato di persone alle quali occorre assicurare l’assistenza sanitaria e sociale, il diritto a vivere una vita indipendente e, più in generale, di essere inclusi nella società con tutte le opportunità (istruzione, lavoro, partecipazione sociale e politica) di cui godono gli altri cittadini”, si apre così il focus realizzato in occasione della Giornata internazionale della disabilità dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni della Cattolica di Roma.
 
Le analisi dell’Osservatorio si basano sui dati provenienti da diverse fonti e, di conseguenza, con definizioni di disabilità a volte diverse, ma riferibili ad un collettivo in gran parte coincidente.
 
La prevalenza della popolazione con disabilità – spiega il focus - è un numero che varia a seconda della definizione che si dà a questa condizione, se ci si attiene ad una definizione di tipo medico (persone che hanno una menomazione fisica o sensoriale per la quale hanno ricevuto una certificazione di invalidità rilasciata da una commissione medico legale delle Asl), tipica delle fonti dati di natura amministrativa, si stima che nel nostro Paese ci sono circa 4 milioni e 360 mila persone che hanno una disabilità, vale a dire il 7,2% della popolazione, la maggior parte della quale ha una età >65 anni e vive nelle regioni del Mezzogiorno.
 
Circa 2 milioni 155 mila sono in condizioni di particolare gravità che rappresentano circa il 3,6% della popolazione, di questi 888 mila vivono nel Mezzogiorno, 806 mila nel Nord e 461 mila nelle regioni del Centro.
 
I dati evidenziano che oltre un terzo di queste persone vive solo, un quarto con un coniuge e senza figli; tra gli ultra 75enni la quota di coloro i quali vivono soli raggiunge il 42,4%.
 
Per i ricercatori della Cattolica, “si tratta di dati molto preoccupanti poiché palesano una diffusa condizione di vulnerabilità che coinvolge un numero elevato di persone che non possono contare sull’aiuto di un familiare”.
 
Particolari difficoltà si riscontrano tra le persone anziane, l’11,2% ha, infatti, gravi difficoltà in almeno un’attività quotidiana, tra gli ultra 75enni tale condizione interessa una persona su cinque.
 
Solo un anziano su dieci è autonomo nella cura personale, in particolare nel fare il bagno o la doccia e quasi il 7% ha difficoltà in tre o più delle attività quotidiane, circostanza che sale al 12% tra gli anziani ultra 75enni.
 
Anche nelle attività domestiche più pesanti gli anziani perdono più frequentemente l’autonomia, accade per il 29,8% di loro, per esempio nelle attività fisiche come fare la spesa (17,0%).
 
La gestione delle risorse economiche e delle attività amministrative costituisce un problema per il 13,5% degli anziani, così come per l’8,5% è difficile prendere le medicine.
 
Le persone con disabilità vivono spesso in condizioni di cattiva salute, tra gli uomini di età compresa tra i 6-44 anni la quota che soffre di una cronicità grave è pari al 13,1% (cfr. tavola 3), nella classe di età 45-64 sale al 46,2%.
 
Tra gli uomini più anziani, oltre 65 anni di età, la quota di cronici gravi si attesta al 77,9%. Le donne, già in età più giovane, sperimentano condizioni di salute peggiori, come testimonia il fatto che tra i 6-44 anni la percentuale che lamenta una cronicità grave è pari al 14,5%, nella classe di età 45-64 anni si attesta al 48,1%. Invece, tra le più anziane la prevalenza di cronicità grave è inferiore a quella degli uomini ed è pari al 72,4%.
 
La prevalenza maggiore di uomini con disabilità e cronicità grave si riscontra nelle regioni del Centro con il 65,8%, quella minore nel Nord-Ovest con il 62,1%.
 
Tra le donne la quota maggiore affetta da cronicità grave si osserva nel Nord-Ovest, pari al 68,0%, mentre quella più bassa si registra nelle Isole con il 65,4%.
 
Per le persone disabili si rileva anche un’alta incidenza del disagio fisico e psichico rispetto al resto della popolazione cui fa riscontro una situazione di difficoltà delle famiglie con persone con disabilità ad ottenere una visita medica o un trattamento terapeutico a causa di difficoltà economica.
 
Inoltre, si riscontrano sensibili differenze di accesso rispetto al resto della popolazione. Il 14,0% delle persone con disabilità è costretto a rinunciare all’assistenza sanitaria, percentuale che scende al 3,7% se si considera il resto della popolazione.
 
Anche il territorio di residenza è un fattore discriminante, infatti nelle regioni del Mezzogiorno le persone costrette a rinunciare salgono al 30,0% in Puglia o al 22,2% in Calabria.
 
Indicatori peggiori rispetto al resto della popolazione anche per reddito e istruzione e la situazione di svantaggio appare ancora più evidente – osservano i ricercatori - se si affronta il problema dal punto di vista proposto da Amartya Sen che riguarda la capacità della persona con disabilità di convertire il reddito in benessere.
 
Infatti, se ci si sofferma solo sulle condizioni di reddito dei soggetti con disabilità si ignora il fatto che, per raggiungere un pari livello di benessere individuale, questi devono sostenere maggiori costi (ad esempio assistenza, apparecchi speciali, protesi etc.).
 
E una recente ricerca evidenzia in proposito che una famiglia con almeno un componente con disabilità per avere lo stesso livello di soddisfazione per la condizione economica di una famiglia senza persone con disabilità ha bisogno di un reddito 1,76 volte superiore, tale parametro varia in relazione con la dimensione familiare.
 
Ma quanto spende l’Italia per la disabilità? Il Focus evidenzia che nel 2015, sono stati spesi 27,7 miliardi di euro, il 5,8% del totale della spesa per la protezione sociale, pari all’1,7% del Prodotto Interno Lordo.
 
In questa cifra sono compresi pensioni di invalidità, contributi per favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, servizi finalizzati all’assistenza e all’integrazione sociale e strutture residenziali.
 
L’impegno economico per questa funzione in Europa è fissato a circa il 7,3% della spesa per la protezione sociale, pari a circa il 2% del PIL dei Paesi dell’Unione Europea.
 
La spesa pro capite, a parità di potere d’acquisto, nel nostro Paese è di € 461 annui, che ci colloca a metà della graduatoria dei Paesi dell’UE-28, dopo quelli del Nord-Europa.
 
Le criticità da affrontare. Secondo gli estensori del Focus il quadro che emerge  mette in luce numerose criticità, a partire dall’inclusione sociale che è ancora lontana, con il godimento di quei diritti sanciti nell’articolato della Convenzione delle Nazioni Unite, in particolare quelli alla salute, allo studio,
all’inserimento lavorativo, all’accessibilità, ancora non perfezionati.
 
Lo testimoniano – secondo i ricercatori - le peggiori condizioni di salute e i livelli di istruzione sensibilmente più bassi di quelli osservati nel resto della popolazione, nonché il numero di occupati che non è ancora in linea con il resto del Paese.
 
La causa di questo – spiegano - è la mancata attuazioni delle normative, dovuta probabilmente alla lentezze delle amministrazioni nel loro recepimento e alla scarsità di risorse finanziarie a disposizione dei governi locali competenti in materia sociale.
 
Resta poi il fatto che il principale strumento di supporto alle persone con disabilità e alle loro famiglie è rappresentato dal sistema dei trasferimenti monetari, sia di tipo pensionistico sia assistenziale.
 
E così, in presenza di una carenza di servizi e assistenza formale da parte del sistema sociale, il peso assistenziale quotidiano ricade inevitabilmente sulle famiglie che continuano a svolgere e a farsi carico della maggior parte delle attività di cura e di aiuto ai loro componenti in condizione di disabilità.
03 dicembre 2017
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