15 APR - “L’Italia e l’Europa hanno urgentemente bisogno di una riforma del sistema del lobbying”. E’ quanto emerge dal report “Lobbying in Europe: Hidden Influence, Privileged Access”, pubblicato oggi da
Transparency International, la prima ricerca comparata europea sulla trasparenza del fenomeno del lobbying. L’analisi mostra come l’Europa sia costellata di lobby e riporta numerosi casi di rapporti, relazioni e pressioni sui decisori poco trasparenti. Il rapporto segnala però come l'Europa sia indietro e che su 19 Paesi europei analizzati, solo 7 possiedono delle forme di regolamentazione del lobbying, e l’Italia non è tra questi.
L’Italia, relativamente al lobbying, ha ottenuto un misero punteggio generale di 20 punti su 100 collocandosi al terzultimo posto tra i 19 Paesi europei analizzati (la media è del 31%). E’ per questo che Transparency International Italia chiede che venga introdotto nel nostro Paese un registro pubblico ed obbligatorio dei lobbisti, che ci sia più trasparenza negli incontri tra i lobbisti e i membri del Parlamento o i pubblici ufficiali, e che venga regolamentato il fenomeno delle porte girevoli.
Nel farmaceutico 91milioni di euro all’anno per l’attività di lobbying
Il rapporto evidenzia come “i settori come quello del farmaco, della finanza, delle telecomunicazioni e dell’energia dominano il paesaggio del lobbying in Europa. Stime conservative basate su dati inseriti nel Registro per la trasparenza dell'Unione europea indicano in una spesa annuale di 40 milioni di euro per influenzare gli affari europei dal solo settore farmaceutico. Questa cifra è probabile sia una sottostima a causa di dichiarazioni imprecise, non trasparenti e assenti. Una figura più realistica parla di 91 mln. Altrettanto notevoli sono le stime di spesa lobbying da parte dell’industria finanziaria”.
La Slovenia si colloca al primo posto in Europa, con un punteggio di 55 su 100, grazie al suo sistema di regolamentazione, che non è tuttavia privo di lacune. Cipro e l’Ungheria si posizionano invece agli ultimi posti con 14 punti su 100 e performance basse per tutti gli indicatori, in particolar modo per l’accesso alle informazioni.
L’Italia, insieme ad altri due Paesi simbolo della crisi dell’eurozona, il Portogallo e la Spagna, è tra i cinque Paesi con i punteggi peggiori e dove le pratiche di lobbying e i rapporti tra il settore pubblico e finanziario sono particolarmente a rischio
L’attività di lobbying in Italia: ce n’è tanta ma non si vede.
In Italia il lobbying, ovvero le attività di gruppi organizzati o dei loro rappresentanti volte ad influenzare le decisioni pubbliche, è un fenomeno estremamente diffuso ma al tempo stesso difficile da conoscere: tutti sanno che esiste, eppure continua ad essere impossibile, o quantomeno molto difficile, affermare con precisione chi svolge tali attività, nei confronti di chi, con quali mezzi ed obiettivi. Il 70% dei cittadini ritiene che il proprio governo sia in larga misura o interamente controllato da pochi poteri forti. E il 64% delle aziende sostiene che l’unico modo per avere successo nel mondo degli affari nel proprio Paese sia grazie alle conoscenze politiche.
La mancanza di trasparenza sul processo decisionale e su chi lo influenza, ha portato alla sovrapposizione nell’immaginario collettivo dei concetti di lobbying e di corruzione. I media non hanno certo contribuito a promuovere un’immagine più neutra del lobbisti, associandoli spesso a faccendieri o massoni.
In mancanza di normative di settore o di un registro nazionale dei lobbisti, il fenomeno si è sviluppato in modo per lo più informale e a porte chiuse. Il contesto socio-politico e culturale ha sicuramente contribuito a creare un sistema di lobbying ad personam, basato, più che su procedure, contenuti validi e comunicazione persuasiva, su relazioni sociali e personali.
La partecipazione ai processi decisionali ha infatti ancora molti aspetti di discrezionalità e non è adeguatamente rendicontata. Transparency raccomanda:
- Istituzione di un registro pubblico dei lobbisti garantito da un’autorità super partes che sia obbligatorio, pubblico, e che rispetti i più elevati standard internazionali di trasparenza e rendicontazione.
- Obbligo per i parlamentari di rendere pubblici i dettagli degli incontri con lobbisti e gruppi di interesse. Gli accessi a Parlamento e Ministeri devono essere registrati e resi pubblici.
- Introduzione di specifiche norme per regolamentare i conflitti di interesse e in particolare il cosiddetto fenomeno delle “porte girevoli” (revolving doors).
In fenomeno delle porte girevoli in Europa
Nessuno dei Paesi europei o delle istituzioni europee analizzati risulta avere un sistema di controllo adeguato del fenomeno delle porte girevoli. In Italia in particolare è abbastanza facile passare dal settore pubblico al privato e viceversa, consentendo in questo modo a ex-pubblici ufficiali di andare ad esercitare attività di lobbying nei confronti dei loro passati datori di lavoro.
La ricerca di Transparency International mostra che i settori in Europa più vulnerabili a pratiche poco trasparenti di lobbying sono l’industria dell’alcool, del tabacco, dell’energia, dell’automobile, il settore finanziario e quello farmaceutico.
“La totale assenza di regole per i lobbisti e per le loro controparti, i politici, ci pone di fronte a una vera e propria minaccia alla democrazia, soprattutto ora che il Paese sta migrando da un sistema di finanziamento della politica pubblico a uno prevalentemente privato. A fronte di moltissime proposte di legge, in questi anni è stato invece fatto pochissimo nel concreto: sono i diritti e gli interessi basilari dei cittadini che vengono chiamati in causa e che necessitano di essere protetti con una norma ben scritta” ricorda Davide Del Monte, direttore di Transparency International Italia.
Lo scandalo del farmaco antidiabete in Francia e un esempio italiano di buona lobbying
Uno dei settori con intensa attività di lobbying è il settore farmaceutico. Nel rapporto si riporta il caso francese sul farmaco antidiabetico Mediator “in cui un lobbying aggressivo da parte delle imprese farmaceutiche sulle autorità regolatorie ha permesso al farmaco di continuare a rimanere sul mercato nonostante fosse rischioso per la salute presumibilmente causando centinaia, forse migliaia, di morti evitabili”.
Tuttavia, il Report segnala che “in questo e in altri settori, ci sono stati anche esempi di lobbying da aziende e organizzazioni con impatti sociali positivi. In Italia, ad esempio, un gruppo di piccole aziende farmaceutiche ha condotto una campagna di pressione per avere i cosiddetti "farmaci orfani" esclusi dal registro di rimborso. In questo caso, con una lobbying trasparente e con una solida prova-base e potere di persuasione, un gruppo di piccole industrie manifatturiere è riuscito nella sua campagna, il che mostra il potenziale che la lobbying può avere. Tali casi positivi ci ricordano che l’attività di lobbying sé non è il problema”,