Nel 2020, i Comuni hanno dovuto affrontare un anomalo incremento dei bisogni assistenziali, a causa dell’emergenza sanitaria e della conseguente crisi sociale ed economica.
È aumentata del 72,9% (da 555 a 959 milioni) la spesa per l’area povertà, disagio adulti e persone senza dimora (dal 7,4% al 12,2% della spesa complessiva).
In forte crescita i contributi a sostegno del reddito: 377.000 beneficiari nel 2020. 743mila i beneficiari dei buoni spesa per emergenza alimentare (21.500 nel 2019).
Al Sud la spesa pro-capite per il welfare territoriale (66 euro) è la metà della media nazionale (132 euro) e poco più di un terzo di quella del Nord-est (184 euro).
I dati sono contenuti in un nuovo report dell’Istat sulla spesa dei Comuni per i servizi sociali.
Rispetto alla media europea, l’Italia destina una quota importante del Pil alla protezione socialei
(34,3% contro il 31,7% della media Ue) ii, anche se la spesa in termini pro-capite (9.316 euro nel 2020) è leggermente inferiore al dato europeo (9.536 euro).
Le prestazioni in denaro assorbono una quota più ampia della spesa per protezione sociale rispetto alla media europea, a scapito delle spese per servizi di cura (77,3% prestazioni in denaro, contro il 66% in media a livello europeo, il 65% della Francia, il 61,7% della Germania).
Per la funzione “vecchiaia”, dove è preponderante la spesa previdenziale, l’Italia destina una spesa pubblica superiore alla media europea e in linea con altri paesi, come la Francia e l’Olanda (4.200 euro pro-capite l’anno). Invece le risorse per i disabili sono inferiori alla media Ue (476 euro annui, contro 669), così come quelle per le famiglie e i minori (339 euro annui, contro 753), evidenziando una carenza di servizi, ad esempio di natura socio-assistenziale e socio-educativa.
In calo l’utilizzo dei nidi d’infanzia e delle strutture diurne per anziani e disabili
Se da un lato i Comuni hanno avuto un ruolo importante per sostenere le famiglie in difficoltà economica durante la pandemia, si registra invece una battuta d’arresto nella fruizione di servizi molto importanti per le famiglie, come l’assistenza agli anziani e alle persone con gravi disabilità e limitazioni
nell’autonomia personale.
In particolare, si registra un calo della spesa impegnata per la gestione dei centri diurni, sia comunali che in convenzione, che accolgono i disabili e gli anziani durante il giorno e offrono interventi di sostegno, socializzazione e recupero, alleviando anche i familiari dalle attività di cura.
Nel 2020, hanno beneficiato di queste strutture circa 92mila persone, di cui 45mila anziani e 47mila disabili sotto i 65 anni. Gli utenti complessivi sono diminuiti del 10,5% rispetto all’anno precedente, ma il calo più consistente si è avuto nella frequenza delle strutture durante l’anno, a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia.
L’ammontare delle rette pagate dalle famiglie è diminuito infatti del 52% (-15 milioni), riducendo così la quota di compartecipazione alla spesa acquisita dai Comuni.
Il calo delle rette pagate dalle famiglie è in proporzione il più consistente fra le componenti della spesa: il totale della spesa impegnata (490 milioni) è diminuita del 13,5%, la quota di compartecipazione del Servizio Sanitario Nazionale (141 milioni) dell’11,8% e la quota a carico dei Comuni (335 milioni), al netto di quanto ricevuto dalle famiglie e dal SSN, dell’11,4%.
Gli effetti della pandemia sono simili anche per i nidi e gli altri servizi educativi per la prima infanzia (servizi integrativi), comunali o finanziati dai Comuni, dove si registra un calo delle iscrizioni del 10,5% e una riduzione del 10,3% della spesa impegnata rispetto all’anno precedente. Tuttavia, i Comuni hanno dovuto affrontare un forte decremento della contribuzione da parte delle famiglie (-39,7%), a causa del minor numero di mesi di frequenza dei bambini.
Molto più contenuta la riduzione della componente di spesa a carico dei Comuni (-3,6%), i quali nella maggior parte dei casi hanno continuato a sostenere i costi fissi di gestione delle strutture, nonostante i mesi di chiusura imposti dall’emergenza sanitaria.