Un esborso superiore a 8 miliardi di euro nel 2019: ecco quanto sono costate agli italiani le cure dentistiche. Una cifra assai superiore rispetto a quella dedicata dal Sistema sanitario pubblico alle terapie odontoiatriche: 85 milioni di euro annue, circa l’1% se confrontata all’importo che esce direttamente dalle tasche dei concittadini. Una quota importante dei quali deve rinunciare alle cure proprio per motivazioni economiche. E’ quanto emerge dal documento "Revisione dell’accesso alle cure odontoiatriche nel SSN" elaborato dal Consiglio superiore di sanità, pubblicato oggi sul sito del Ministero della Salute, che stila anche una serie di proposte per allargare la platea di italiani che accedono alle cure dentistiche tramite il Ssn.
Tra le proposte la revisione del nomenclatore tariffario, integrare i criteri di individuazione della vulnerabilità sanitaria e sociale, inclusione nei Lea delle protesi dentarie per alcune categorie, l’estensione di alcune prestazioni per le donne in gravidanza e una maggior campagna di comunicazione e di sensibilizzazione delle categorie più fragili.
Gli italiani spendono 8 miliardi l'anno per la cura dei denti. Impressionano gli 8 miliardi che si sono spesi nel 2019 per carie, impianti, ortodonzia e altre cure. E dopo la significativa riduzione osservata nel 2020 a causa del COVID, i dati 2021 mostrano un’immediata ripresa dei livelli pre-crisi. Quanto all’importo impiegato per le cure odontoiatriche pubbliche, circa 85 milioni di euro annui, l’area che assorbe la maggioranza delle risorse è quella dei trattamenti conservativi (25%), seguita dalle diagnosi (23%), dalla diagnostica per immagini (16%) e dalla chirurgia orale (11%). L’importo rappresenta circa lo 0,2% della spesa sanitaria pubblica destinata ai servizi ambulatoriali (35 miliardi nel 2021) e lo 0,07% della spesa sanitaria pubblica complessiva (127 miliardi nel 2021), prendendo come riferimento i dati ISTAT-SHA. Se messa in relazione alla spesa delle famiglie per servizi odontoiatrici, emerge come in media la quota a carico del SSN superi di poco l’1% del totale dei consumi odontoiatrici del paese con una elevata variabilità che vede le regioni meridionali con una quota coperta dal pubblico superiore rispetto alle regioni settentrionali. La spesa privata per servizi odontoiatrici rappresenta dunque, assieme a quella per l’acquisto di prodotti farmaceutici, la principale componente (21%) del paniere di spese sanitarie private delle famiglie che ammonta a oltre 40 miliardi di euro.
Sempre più cittadini rinunciano alle cure dentarie per ragioni economiche. Nonostante il nostro Sistema sanitario nazionale sia uno dei migliori del mondo e nonostante siano vari i tentativi di applicazione dell’odontoiatria sociale sia a livello centrale che regionale, esistono ancora forti disuguaglianze sociali nella tutela della salute del cavo orale e nell’accesso alle cure odontoiatriche. Ad oggi, le fasce di popolazione che possono accedere ad una qualche forma di assistenza in questo senso attraverso il Sistema sanitario nazionale, sono una quota parte di individui in età evolutiva, pazienti fragili con vulnerabilità sanitaria o sociale, ma sempre con un numero di prestazioni odontostomatologiche comprese nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) insufficiente. L’odontoiatria è uno dei settori nel quale si registra il maggior tasso di rinuncia alle cure per motivazioni di natura economica. Un quadro che potrebbe ulteriormente aggravarsi se si considerano le previsioni sul futuro demografico del nostro Paese.
A conferma di ciò, il documento ricorda un dato interessante che emerge dal rapporto sulle Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell’Unione europea: il 5,7% dei cittadini con più di 15 anni e il 5,7% dei cittadini di età maggiore ai 65 anni non ha effettuato visite o trattamenti dentistici per motivazioni di natura economica (nei dodici mesi precedenti l’intervista). Si rileva inoltre, che il 13% dei cittadini con più di 15 anni e il 19,6% dei cittadini di età maggiore ai 65 anni ha effettuato le prestazioni odontoiatriche in ritardo o non le ha effettuate per motivi di lista di attesa (nei dodici mesi precedenti l’intervista). Si confermano le note disuguaglianze territoriali a svantaggio della zona del Sud Italia e delle Isole. Inoltre, solo il 4,5% dei cittadini con più di 15 anni e il 5,7% dei cittadini di età maggiore ai 65 anni si sono rivolti ad una struttura pubblica per cure odontoiatriche ricorrendo a strutture private convenzionate o a studi odontoiatrici gestiti da liberi professionisti (rispettivamente il 95,5% dei cittadini con più di 15 anni e il 94% dei cittadini di età maggiore ai 65 anni) pur dovendo sostenere interamente il costo della prestazione (86% dei cittadini con più di 15 anni e l’87,2% dei cittadini di età maggiore ai 65 anni).
L’assistenza odontoiatrica pubblica – evidenzia il Css - è soggetta nel nostro paese a una serie di significative limitazioni e condizioni di erogabilità che di fatto la rendono un servizio del tutto o quasi escluso dai Livelli Essenziali di Assistenza per gran parte della popolazione. Nonostante questo, i dati ISTAT mostrano come nel 2019 (ultimo anno disponibile) il 51% della popolazione italiana over15 abbia avuto accesso ad almeno una prestazione odontoiatrica, che il 92% lo ha fatto pagando per intero la prestazione (con o senza un rimborso da parte di un’assicurazione) e che il 91% si è rivolto a un libero professionista al posto di una struttura pubblica o convenzionata.
Essendo una componente in larga parte esclusa dalla copertura assicurativa pubblica, l’accesso alle cure odontoiatriche è soggetto per sua natura a un’importante barriera all’ingresso che è rappresentata dalla disponibilità a pagare di individui e famiglie. Infatti, nonostante le cure odontoiatriche siano ricomprese tra le prestazioni la cui copertura garantisce a casse e fondi sanitari integrativi l’accesso a benefici fiscali, l’accesso ai servizi dentistici rimane largamente a carico delle famiglie, sia perché l’estensione delle coperture assicurative private rimane ancora un fenomeno limitato nel contesto italiano, sia perché, quando presenti, le condizioni disponibili difficilmente riescono a compensare pienamente i costi a cui le famiglie vanno incontro.
Le proposte del Css:
Sarebbe opportuno rivedere ed eventualmente integrare gli attuali criteri di individuazione della condizione di “vulnerabilità sanitaria” e “vulnerabilità sociale” dei cittadini anche valutando l’opportunità di aumentare il numero dei codici di esenzione che possano accedere ai LEA odontoiatrici.
Si ritiene necessaria un’azione di revisione dell’attuale Nomenclatore tarifarrio (aggiornamento, ampliamento, rimodulazione e/o modifica del set di prestazioni odontoiatriche che dovrebbero essere incluse nei LEA odontoiatrici) fatta salva la salvaguardia dell’onere di compartecipazione alla spesa – ticket – per l’utenza. Sempre nell’ambito del “Nomenclatore prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale” si osserva che i costi dei manufatti protesici/ortodontici sono totalmente esclusi dall’elenco dei LEA odontoiatrici rimanendo di fatto, totalmente a carico al cittadino. Ciò costituisce una criticità non soltanto per i pazienti con età superiore ai 65 anni maggiormente soggetti a edentulia ma anche per un’ampia categoria di pazienti oncologici o pazienti che presentano esiti di traumi facciali che dovrebbero poter essere riabilitati con protesi supportate da impianti accedendo direttamente ai LEA. Per questo motivo, si potrebbe prevedere l’utilizzo di protesi rimovibile supportata o meno da due fixtures o riabilitazioni implanto-protesiche mini-invasive sia dal punto di vista biologico che economico (ad esempio tecnica all-on-four).
Rispetto alla normativa attualmente in vigore, tra i destinatari dei LEA odontoiatrici, le donne in gravidanza, pur senza limiti di reddito, possono accedere solo all’ablazione del tartaro e all’insegnamento dell’igiene orale. Si ritiene di estendere a tale categoria di soggetti tutte le prestazioni odontoiatriche ricomprese nei LEA. Infine, occorre ricordare che il D.P.C.M. 12 gennaio 2017 definisce con i LEA oltre alle attività, ai servizi e alle prestazioni garantite ai cittadini con le risorse messe a disposizione dal Servizio sanitario nazionale, anche tutte le attività di prevenzione rivolte alla collettività e ai singoli.
Tuttavia, ancora oggi, oltre ad una generalizzata carenza di programmi di promozione della salute orale, sono pochi i cittadini che, pur avendone diritto, sono a conoscenza della sussistenza dei LEA odontoiatrici. Occorrerebbe dunque, una maggior campagna di comunicazione e di sensibilizzazione delle categorie più fragili.
Barbara Di Chiara