Quasi 25 mila pazienti di cancro hanno deciso nel 2021 di operarsi fuori dalla propria regione, ovvero più di uno su dieci.
Il dato è stato ricostruito da Agenas che ha fotografato la “mobilità oncologica” tra una regione e l’altra del Paese.
Tra le regioni più grandi quelle “più attrattive” per i malati oncologici sono la Lombardia con il 17,63% dei pazienti oncologici ricoverati in regione provenienti da altre località, il Veneto con il 16,35%, il Lazio con il 15,84%, la Toscana con il 12,44% e poi Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna con percentuali superiori all’11%.
Al lato opposto con la maggior parte dei propri pazienti che decide di curarsi fuori dalla propria regione di residenza troviamo il Molise e la Calabria con circa il 50% dei propri pazienti oncologici che emigra, seguite dalla Basilicata con il 42,9%. E poi Valle d’Aosta con il 39,84% dei pazienti “in fuga” e la Provincia di Trento con il 28,27%.
Dopo queste regioni (anche se su Basilicata, Molise, Trento e Valle d’Aosta va fatto un discorso a parte come scriviamo dopo) troviamo, con percentuali di poco superiori o vicine al 20%, l’Abruzzo (23,62% dei pazienti “in fuga”), la Liguria (19,22%), l’Umbria (18,40%) e la Campania 18,33%).
Tornando all’indice di attrazione che, ricordiamo, misura la percentuale di pazienti trattati provenienti da fuori regione, tra le realtà meno attrattive troviamo la Calabria con solo l’1,62% di pazienti provenienti da fuori e la Campania con il 2,75% di pazienti oncologici provenienti da fuori regione.
Percentuali più basse le hanno solo Sardegna e Sicilia, ma per loro va considerato il fattore “Isola” che potrebbe dissuadere, almeno in parte, le migrazioni sanitarie.
Un fattore che sembrerebbe confermato dai dati: perché, se è vero che la Sardegna ha un indice di attrattiva di poco superiore all’1% è anche vero che ha un indice di fuga relativamente basso con “solo” il 13% dei pazienti oncologici che emigra e la Sicilia, anche lei poco attrattiva con un indice dell’1,99%, ha anch’essa una percentuale di fuga non tra le più alte che si ferma al 15,38%)
Tra le grandi regioni del Nord spicca poi la perfomance negativa, in termini di attrazione, del Piemonte con solo il 6,6% dei pazienti oncologici ricoverati che provengono da altre regioni ma che, d’altro canto, ha anche un indice di fuga basso, con solo l’8,78% dei suoi malati oncologici che decidono di curarsi fuori regione.
Alcune chiavi di lettura da approfondire. Insomma i dati di Agenas, pur presentando alcuni flussi abbastanza evidenti soprattutto testimoniati dalla forte attrattività dei poli oncologici, del lombardo-veneto e del Lazio e della ancora forte fuga da alcune regioni del Sud verso quelle aree, offrono anche chiavi di lettura più particolari che meriterebbero un approfondimento.
Come ad esempio la differenza dei dati tra due territori simili come Trento e Bolzano, con la prima che accusa un indice di fuga vicino al 30% e la seconda che si ferma al 6,89%, un gap che potrebbe forse spiegarsi con il maggiore legame al proprio territorio della comunità alto atesina di lingua tedesca; o il caso delle piccole realtà come Valle d’Aosta, Molise e Basilicata dove i valori degli indici di fuga e attrattività devono tener conto dell’esiguità dei pazienti che non consente una valutazione “neutra” del numero.
In particolare questo vale soprattutto per il Molise che in teoria ha l'indice di attrattività più alto d'Italia (48,96%) ma anche il più alto indice di fuga (50,65%).
E infine la peculiarità del Piemonte dove in pochi fuggono e in pochi arrivano da fuori.
Resta comunque il fatto che la mobilità oncologica ha ancora un livello abbastanza elevato, soprattutto, in alcune realtà del Paese.
Cesare Fassari