A seguito della pandemia Covid la spesa sanitaria nei paesi dell’area Ocse la spesa sanitaria è aumentata in media di quasi l’1% del Pil pre pendemia.
Il dato è contenuto in un draft dell’Ocse che si interroga su come poter garantire il mantenimento di livelli adeguati di risorse per la sanità in vista di possibili nuove emergenze sanitarie ma anche per far fronte alle liste d’attesa accumulatesi per prestazioni sanitarie non Covid, a fronte dell’attuale situazione di incertezza economica caratterizzata da una forte inflazione e dalle incertezze conseguenti al perdurare della guerra in Ucraina.
L’Ocse sottolinea come la crisi sanitaria provocata dal Covid abbia evidenziato la necessità di ulteriori investimenti per rafforzare il sistema sanitario per far fronte a possibili nuovi shock con investimenti pari almeno all'1,4% del PIL pre-pandemia.
Tuttavia, secondo l’Ocse, le prospettive economiche limitano le opzioni per aumentare la spesa complessiva per la salute, oggi in media pari a un incidenza del 15% sul totale della spesa pubblica, e che, secondo ‘Ocse, dovrebbe aumentare almeno del 5% entro il 2040 per soddisfare i nuovi bisogni di salute.
I sistemi sanitari stanno registrando un aumento significativo dei costi per la fornitura di servizi
L'aumento dei costi per gas, carburante ed elettricità è tra le prime cause di incremento dei costi considerando che il settore della salute è comunque caratterizzato da un alto consumo energetico.
Ad incidere sono poi l’incremento dei salari e del costo del lavoro registrato in molti paesi con effetti a catena su un'ampia gamma di beni e servizi.
L'aumento dell'inflazione e il rallentamento economico influiranno sulle risorse per finanziare la sanità
Inizialmente, tuttavia, rileva l’Ocse, gli aumenti dei prezzi e dei salari porteranno a una crescita del gettito fiscale totale e correlato al reddito, aumentando così potenzialmente le risorse per la spesa sanitaria pubblica (almeno in termini nominali). Ad esempio, in tutta l'Ocse, la crescita dei salari nominali in tutti i settori è stata intorno al 6-7% nel 2021 e dovrebbe raggiungere un livello simile nel 2022-23.
D'altra parte, però, rimarca l’Ocse, un rallentamento economico prolungato può essere associato a un aumento della disoccupazione e di riduzione dei profitti, con riduzione del gettito fiscale e dei contributi previdenziali.
Insieme all'inflazione elevata tutto ciò riduce il reddito familiare disponibile (e quindi la capacità di famiglie per l'acquisto di servizi sanitari).
Di contro, ancora, va comunque evidenziato che il tasso di disoccupazione attesi si attesta al 5% nel 2022 e nel 2023, il più basso registrato nell'ultimo decennio, confermano tra l’altro la persistente carenza di lavoratori qualificati in molti paesi.
Mantenere la priorità della salute nei bilanci pubblici sarà una sfida
La guerra della Russia contro l'Ucraina, la crisi energetica e le pressioni inflazionistiche, sottolinea l’Ocse, hanno fatto scendere la sanità nella scala delle priorità nel dibattito pubblico.
La salute è infatti in competizione con una varietà di nuove priorità di spesa, anche più elevate, come quelle per la difesa, per l’aumento dei costi diretti dell'energia, per gli investimenti nella transizione ambientale e, soprattutto, per il sostegno a famiglie e imprese per proteggerle (parzialmente) dall'aumento dei costi.
Quali opzioni rimangono aperte ai governi per finanziare la futura spesa sanitaria?
Con l'invecchiamento della popolazione, l'aumento dei redditi, il progresso tecnologico e altri fattori, la spesa sanitaria è destinata a crescere.
Anche senza considerare la necessità di investire ulteriormente nella resilienza dei sistemi sanitari per far fronte alle crisi future, l'Ocse prevede che una parte crescente delle entrate dovrebbe comunque essere destinata a finanziare la sanità. Tuttavia, con una spesa sanitaria che già oggi rappresenta in media il 15% della spesa pubblica, la questione di come finanziare tali aumenti diventerà sempre più pressante.
Finora, riassume l'Ocse, nel dibattito pubblico sono state avanzate varie ipotesi di soluzioni, non sempre alternative tra loro:
Un aumento generale della spesa pubblica è un’opzione difficile per molti Paesi
L'ipotesi di un aumento della spesa sanitaria senza intaccare gli altri settori di spesa pubblica con un incremento delle imposte o del debito è considerata dall’Ocese una strada non percorribile per molti Paesi con un debito e una spesa pubblica già elevati.
Più investimenti in sanità ma tagliare spese inutili e inefficienze
Secondo l’Ocse questa è una delle vie da intraprendere in tempi di turbolenze politiche ed economiche, coinvolgendo l’opinione pubblica e i decisori politici in una strategia che colleghi i progetti di investimento su quelle aree essenziali per garantire una maggiore resilienza dei sistemi sanitari a politiche efficaci per tagliare la spesa sanitaria inutile o inappropriata.
Rivalutare i confini tra spesa pubblica e privata ma a lungo termine, oggi troppi rischi di diseguaglianze
In caso di mancata disponibilità di ulteriori risorse pubbliche per far fronte alle future esigenze di spesa sanitaria, l’Ocse indica anche la via alternativa di far fronte a parte dei servizi con la spesa privata.
In quasi tutti i paesi, sottolinea l’Ocse, la quota spesa sanitaria pubblica è aumentata con l'inizio della pandemia. Molti paesi hanno esteso i servizi finanziati con fondi pubblici, ad esempio fornendo l'accesso universale ai pazienti con sintomi COVID-19, fornendo mascherine o test gratuiti.
Tuttavia, rimarca l’Ocse, la questione su “cosa finanziare” con le risorse pubbliche non si limita al contesto della pandemia.
Per l’Ocse si tratta infatti di “una questione più ampia” che dovrebbe considerare la stessa ridefinizione del “paniere” di prestazioni e servizi “rimuovendo quelli non più appropriati o che non aggiungo valore”.
L’Ocse segnala poi che ormai in molti paesi è aperto il dibattito per introdurre o aumentare il ricorso alla compartecipazione alla spesa per attività sanitarie specifiche e che sono sempre più frequenti i casi in cui i pazienti scelgono di autofinanziarsi le cure piuttosto che rimanere nelle lunghe liste di attesa causate dal COVID-19.
Tuttavia, rileva l’Ocse, qualsiasi taglio sul paniere di prestazioni e servizi sarebbe politicamente impegnativo nel clima attuale anche perché potenzialmente si andrebbero a colpire più duramente quei gruppi di popolazione già alle prese con bollette energetiche elevate e più colpiti dall’aumento del costo della vita.
Anche eventuali ticket diretti aggiuntivi possono rappresentare un onere finanziario eccessivo portando a un ulteriore impoverimento o a un aumento del bisogno insoddisfatto di assistenza sanitaria, che potrebbe aggravare ulteriormente disuguaglianze.
Ma, detto questo, alla lunga, afferma l’Ocse, “un dibattito sulla rivalutazione dei confini tra pubblico e privato in sanità sarà inevitabile avviarlo in molti paesi” perché in presenza di budget limitati non tutti gli interventi potranno continuare a essere finanziati dalla spesa pubblica e una “discussione strategica” su quali debbano essere le cose comunque da garantire rispetto a quelle non indispensabili sarà prima o poi inevitabile.
Identificare e tagliare le spese inutili dovrebbe tornare ad essere una priorità
Piuttosto che aumentare gli investimenti, le tendenze attuali sembrano spingere nella direzione di “fare più o meno lo stesso con meno” ma, secondo l’Ocse, ciò non rappresenterebbe altro che la constatazione del fatto che i responsabili politici non hanno più le leve giuste per influenzare la spesa sanitaria con politiche di efficienza e selezione appropriate.
E invece, osserva l’Ocse, “dovrebbe esserci ancora spazio per tagliare la spesa che “non produce risultati migliori o che è troppo dispendiosa”.
La possibilità di farlo è già stata evidenziata in un report Ocse del 2017, evidenziando i vantaggi per tutto il sistema sanitario e per tutti gli attori: pazienti, medici, manager e autorità di regolamentazione che hanno un ruolo importante da svolgere.
La riduzione degli sprechi dovrebbe essere una priorità: come affrontare gli errori medici che sono in gran parte prevenibili, l'uso inappropriato di antimicrobici e il non rispetto delle linee guida nella pratica medica, sono solo degli esempi.
L’Ocse richiama poi approcci collaudati per aumentare la produttività che includono politiche sul personale sanitario, il settore farmaceutico e le nuove tecnologie.
Ad esempio, attuando leggi e regolamenti che estendano l'ambito delle competenze per i “non medici” e che possono produrre risparmi sui costi senza effetti negativi sulla qualità dell'assistenza. Oppure intervenendo sul prezzo dei prodotti farmaceutici e sulle normative per l'ingresso nel mercato e sulla prescrizione che, dove attuate, hanno contribuito ad aumentare la penetrazione dei farmaci generici nel mercato risparmiando sui costi.
E ancora, implementando le valutazioni delle tecnologie sanitarie (HTA) che hanno il potenziale per garantire che non siano introdotte tecnologie inefficaci e che siano eliminate quelle presenti ma ormai obsolete e non più efficaci.
E poi lo sviluppo della digitalizzazione che può supportare nuovi metodi di erogazione delle cure, in particolare sotto forma di telemedicina (che tra l’latro, osserva l’Ocse, si è espansa rapidamente in molti paesi a causa della pandemia), accanto all’introduzione di strumenti robotici per migliorare alcune procedure; nonché ovviamente l’implementazione della qualità e della gestione dei dati sanitari.
Inoltre, è essenziale attuare i cambiamenti organizzativi necessari nella gestione delle risorse di terapia intensiva e dei protocolli sviluppati durante la pandemia che stanno portando a un uso più efficiente delle risorse ospedaliere.
Senza dimenticare la promozione di stili di vita più sani che richiede un'azione sia all'interno che all'esterno del settore sanitario.
E infine l’Ocse rimarca che prove emergenti dalla gestione della pandemia di COVID-19 suggeriscono anche che, col senno di poi, le risorse avrebbero potuto essere utilizzate meglio, sebbene l'urgenza della crisi presentasse considerevoli sfide ai governi per garantire sempre e comunque un buon "rapporto qualità-prezzo".
Nell'attuale clima economico, le opzioni politiche rimangono limitate
In conclusione l’Ocse sottolinea comunque che l'attuale situazione economica rappresenta una sfida per i responsabili delle politiche sanitarie.
Le risorse pubbliche sono scarse e il sistema sanitario ha invece bisogno di risorse crescenti.
Le opzioni su come coniugare le due realtà sono limitate poiché mobilitare risorse governative aggiuntive per la salute può diventare sempre più difficile, ma gli investimenti nella salute, su questo l'Ocse non ha dubbi, devono rimanere una priorità elevata, anche tra le altre emergenze.
La via principe è quella del recupero di efficienza e di ottimizzazione della spesa in tutte le aree del sistema sanitario anche perché, data l'attuale crisi del costo della vita, spostare tout court sul privato alcune prestazioni non è auspicabile, anche se rivalutare i confini tra privato e pubblico resta un'opzione da considerare in alcuni paesi nel lungo periodo.
“Una delle lezioni dalla risposta alla pandemia dovrebbe essere quella di ottenere valore per ogni euro investito nella salute e dovrebbe rimanere una priorità assoluta per i ministri della salute. E ciò è ancora più vero nell'attuale clima economico”, conclude l'Ocse.
Cesare Fassari