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Vaccini. Identikit della mamma che non vaccina i propri figli. Istruita, ha più di 30 anni e spesso lavora in sanità. Indagine in Veneto
A colloquio col Dr. Valsecchi che nel 2012 ha curato l’Indagine sui fattori che determinano la mancata vaccinazione. Tra i genitori che scelgono di non vaccinare i propri figli vi sono soprattutto madri di età superiore ai 30 anni, con titolo universitario e talvolta impiegate in ambito sanitario. Ecco le posizioni del Codacons e delle Istituzioni. L’Istituto Superiore di Sanità rimarca con forza l’importanza della vaccinazione nei tempi previsti 
11 OTT - Le Coperture vaccinali nazionali contro la poliomielite, il tetano, la difterite e l’epatite B scendono al di sotto del 95%, la soglia minima prevista dal Piano Nazionale prevenzione vaccinale 2012-2014.

A fronte del calo vaccinale, iniziato in alcuni casi già negli anni scorsi, un’analisi scientifica svolta nel 2012 dalla Regione del Veneto ha indagato le motivazioni alla base della mancata vaccinazione. Il Report, intitolato “Indagine sui Determinanti del Rifiuto dell’ Offerta Vaccinale nella Regione Veneto”, ha effettuato una ‘fotografia’ dettagliata, a livello regionale, relativa principali fasce di popolazione che rientrano nelle percentuali di chi non aderisce alla vaccinazione.

“Si tratta di una quota minoritaria della popolazione, che tuttavia individua un trend in calo costante negli ultimi anni”, ha spiegato al nostro giornale Massimo Valsecchi, Direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’ULSS n. 20 di Verona fino a pochi giorni fa, nonché Responsabile scientifico della suddetta Indagine. “La realizzazione di questa analisi è nata dall’intenzione di comprendere i fattori alla base della scelta vaccinale e di aprire un dialogo con i gruppi diLe Coperture vaccinali nazionali contro la poliomielite, il tetano, la difterite e l’epatite B scendono al di sotto del 95%, la soglia minima prevista dal Piano Nazionale prevenzione vaccinale 2012-2014.

A fronte del calo vaccinale, iniziato in alcuni casi già negli anni scorsi, un’analisi scientifica svolta nel 2012 dalla Regione del Veneto ha indagato le motivazioni alla base della mancata vaccinazione. Il Report, intitolato “Indagine sui Determinanti del Rifiuto dell’ Offerta Vaccinale nella Regione Veneto”, ha effettuato una ‘fotografia’ dettagliata, a livello regionale, relativa principali fasce di popolazione che rientrano nelle percentuali di chi non aderisce alla vaccinazione.

“Si tratta di una quota minoritaria della popolazione, che tuttavia individua un trend in calo costante negli ultimi anni”, ha spiegato al nostro giornaleMassimo Valsecchi, Direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’ULSS n. 20 di Verona fino a pochi giorni fa, nonché Responsabile scientifico dell'indagine. “La realizzazione di questa analisi è nata dall’intenzione di comprendere i fattori alla base della scelta vaccinale e di aprire un dialogo con i gruppi di genitori più diffidenti verso la vaccinazione, fornendo informazioni scientifiche corrette su questo tema”.
 
Chi e perché non vaccina secondo il Report 
Mediante un questionario online e a libero accesso, gli esperti hanno effettuato l’analisi di un campione rappresentativo di genitori di bambini vaccinati e non vaccinati in sei ULSS regionali e in parte anche nel territorio al di fuori della Regione Veneto.
“Tra i genitori che non hanno vaccinato uno o più figli ci sono spesso madri di età superiore ai 30 anni e con titolo universitario, che sono solite utilizzare internet e talvolta impiegate in ambito sanitario, mentre meno frequentemente vi sono madri di età inferiore ai 30 anni e di professione operaie oppure casalinghe”, ha spiegato Valsecchi, che è anche Docente di Igiene pubblica all’Università di Verona. “Riguardo alle motivazioni alla base della scelta di non vaccinare, vi è sovente l’idea che seguendo stili di vita sani si possano evitare le malattie senza che il bambino si vaccini. Tale idea non è supportata dalla medicina e dalle evidenze scientifiche, dato che uno stile di vita sano non è sufficiente a proteggere il bambino dalle infezioni, data la virulenza degli agenti patogeni in gioco”.

Un altro elemento da considerare “consiste nel fatto che le nuove generazioni non hanno avuto esperienza di alcune delle più severe e diffuse epidemie di malattie infettive, tra cui ad esempio la poliomielite, che è oggi assente, a parte rari casi e non nel nostro Paese. Così in qualche modo, si è persa la memoria di queste epidemie”, prosegue Valsecchi. “Ma è importante non abbassare la guardia per non farle riemergere”.
“Inoltre, anche dai dati della nostra Relazione Sanitaria 2014 (svolta dal Dipartimento di Prevenzione della ULSS n. 20 di Verona), emerge la tendenza a ritardare l’inizio del ciclo vaccinale, con il raggiungimento di coperture soddisfacenti soltanto dopo il sesto mese di vita del bambino: si tratta di un aspetto da non sottovalutare tenendo conto che alcune malattie infettive possono avere esiti fatali soprattutto nei bambini piccolissimi”, aggiunge Valsecchi.
 
Malattie infettive ancora diffuse
Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2014 l’Italia ha presentato il maggior numero di casi di morbillo, pari a 1676, con un’incidenza pari a 28,1 persone su un milione (fonte: European Center for Disease Prevention and Control) - dati tratti dalla Relazione Sanitaria curata dal Dottor Valsecchi.
 “Tra le malattie infettive da non sottovalutare, c’è appunto il morbillo, che può avere complicanze gravi, come alcune forme di encefalite, e che può portare anche al decesso”, spiega il Dottor Valsecchi. “Un caso che abbiamo avuto nella nostra ULSS riguarda una paziente di 34 anni che ha manifestato una cecità bilaterale per sei mesi quale complicanza del morbillo”.
“La comparsa di malattie infettive che una volta vedevamo solo nei bambini ora colpisce nella maggior parte dei casi gli adulti dato che sono nati prima dell'inizio delle vaccinazioni di massa e , quindi, non sono immunizzati., prosegue l’esperto. “È un aspetto da considerare, visto che spesso la malattia si manifesta con forme più severe in età adolescenziale o adulta rispetto a quando si presenta in età infantile”.
 
Vaccini: alcune posizioni delle Associazioni e delle Istituzioni
Riguardo al calo vaccinale, diversa è la posizione del Codacons, che in una comunicazione del 5 ottobre scorso si riferisce a tale calo come al “risultato di una maggiore consapevolezza da parte degli utenti, che si informano di più rispetto al passato e scelgono autonomamente se sottoporsi o meno ad un vaccino”.
In anni recenti, inoltre, sono nate alcune Associazioni, tra cui il Condav (Coordinamento Nazionale Danneggiati da Vaccino), che ha l’obiettivo di “dare voce ai danneggiati da vaccino, ai familiari e a tutte le persone che desiderano ricevere informazioni”, si legge in un documento del Coordinamento Condav.
 
In questa occasione, è importante ricordare che le Istituzioni, in particolare l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) insieme al Ministero della Salute, richiamano con forza l’attenzione sull’importanza della vaccinazione, nei tempi previsti, non solo per proteggere se stessi ma anche per proteggere gli altri, garantendo la cosidetta immunità di gregge – si legge in un commento dell’Iss - una sorta di ombrello che ripara la collettività da numerose malattie infettive.
È importante rimarcare che “come tutti i farmaci, anche i vaccini possono causare effetti indesiderati, ma questi sono, nella maggior parte dei casi, di lieve entità e transitori”, si legge in una nota online del Ministero della Salute. “Eventi avversi più seri si manifestano solo molto raramente (un caso ogni migliaia o milioni di dosi somministrate)”.
In ogni caso bisogna considerare le controindicazioni (temporanee o definitive) e valutare situazione per situazione, spiega il Ministero della Salute, che ricorda che “le vaccinazioni hanno consentito di salvare milioni di vite e di prevenire innumerevoli casi di malattie e di complicazioni che possono avere esiti fortemente invalidanti, tanto nei paesi industrializzati quanto in quelli in via di sviluppo”.
Sempre nella nota del Ministero si legge inoltre che “un reale rapporto causa-effetto tra lesioni invalidanti e vaccinazioni è stato dimostrato soltanto nel caso dell’associazione tra vaccinazione antipoliomielitica orale (OPV) e polio paralitica associata a vaccino”.
Ma “questo vaccino non è più in uso da diversi anni”, ha commentato, nell’intervista al nostro giornale, Massimo Valsecchi, che prosegue così: “nella situazione attuale, è necessario spiegare quali possono essere i danni dovuti alle malattie infettive e contemporaneamente diffondere rapporti di alto valore scientifico sulla reale frequenza e sull’entità delle reazioni avverse, con la massima trasparenza. A tal proposito, già da 20 anni abbiamo attivato il Canale Verde, su cui è possibile rintracciare dati relativi alle reazioni avverse. I rapporti del Canale Verde sono realizzati da una struttura esterna, in modo da fornire una valutazione indipendente”.

In Italia, inoltre, è attiva una sorveglianza relativa agli eventi avversi, e l’AIFA riceve a livello nazionale le segnalazioni nel quadro generale della farmacovigilanza.
 
Altro tema ampiamente dibattuto, a livello non solo scientifico ma anche mediatico e politico, inoltre, riguarda la questione vaccini-autismo, sulla quale un recente studio, pubblicato su JAMA, conferma nuovamente che non c’è nessuna correlazione tra la vaccinazione e la comparsa di un disturbo dello spettro autistico. La comunità scientifica, e in particolare l’Istituto Superiore di Sanità, ha ripetutamente sottolineato che non c’è nessuna evidenza in grado di stabilire un nesso di causalità tra questi due elementi.
 

Viola Rita
11 ottobre 2015
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