14 SET - Il dibattito internazionale intorno alla questione dell'arrivo sul mercato di nuovi farmaci specialistici sempre più costosi, con le implicazioni etiche e morali che ne derivano per le istituzioni sanitarie così come per le aziende produttrici, si fa sempre più intenso e interessante. Ne è un esempio un
editoriale di
Uwe E. Reinhardt, professore di economia sanitaria, sistemi sanitari comparati, microeconomia e gestione finanziaria alla Princeton University, recentemente apparso su JAMA Forum.
Il prof. Reinhardt offre una lettura economica in chiave classica della politica dei prezzi dei farmaci adottata dalle aziende produttrici e la inserisce in un contesto di produzione di salute da parte del sistema sanitario statunitense.
Reinhardt visualizza il sistema sanitario con gli occhi di un economista, sotto forma di una curva di offerta che mostra la relazione tra il prezzo di un prodotto o di un servizio e la quantità di prodotto che un venditore può offrire. Nell'esempio di Reinhardt, il venditore è il Sistema Sanitario, un grande agglomerato di professionisti altamente qualificati supportati da sofisticate attrezzature tecniche e istituzioni. Il "prodotto" offerto alla società è il vantaggio che gli interventi sanitari generano in termini di quantità e qualità della vita, misurato in
quality-adjusted life-years (QALYs).
Attraverso alcuni interventi come le vaccinazioni o la cura della salute materna, i medici possono conquistare alcuni QALYs aggiuntivi a costi molto bassi (punto A in figura). Altri QALYs possono essere ottenuti soltanto con costi aggiuntivi molto consistenti (punti più in alto di B in figura), come ad esempio nel caso di ulteriori mesi di vita guadagnati grazie a costosi farmaci specialistici durante una malattia terminale. L'analisi costo-efficacia può stabilire che un trattamento non è costo-efficace perché il QALY addizionale può essere raggiunto con una terapia a costo più basso (punto X vs Z in figura).
La curva di offerta QALY del Sistema Sanitario, nel modello costruito da Reinhardt pone la società di fronte a due questioni morali. In primo luogo, quanto è disposta a pagare la società per il QALY aggiuntivo che potrebbe derivare da un particolare intervento sanitario? E in secondo luogo, il prezzo massimo da pagare per quel QALY in più deve essere lo stesso per tutti o può variare in base alla disponibilità economica del paziente?
La risposta alla prima domanda richiede la monetizzazione di un QALY per poter determinare se il costo del trattamento utilizzato per acquistarne uno aggiuntivo dal sistema sanitario è giustificato. La risposta alla seconda domanda svela l'etica distributiva che sottende il sistema sanitario in questione: da una parte c'è il razionamento dell'accesso ai farmaci specialistici costosi in base alla classe di reddito dei pazienti e dall'altra un approccio più egualitario espresso attraverso il processo decisionale collettivo.
Poiché attualmente il reddito medio familiare degli americani è di circa 52.000 dollari, in assenza di assicurazione sanitaria, solo pochi individui potrebbero permettersi di acquistare farmaci innovativi, visti i loro alti costi e di conseguenza i tassi di rendimento degli investimenti nello sviluppo di questi prodotti sarebbero fortemente ridotti e molti di questi farmaci non potrebbe neanche essere sviluppati.
Tuttavia, dato che la maggior parte delle famiglie statunitensi ha una copertura assicurativa sanitaria, la questione della monetizzazione dei QALYs passa dalle singole famiglie agli amministratori dei fondi di assicurazione sanitaria pubblici o privati, che affrontano la difficile questione morale di quale valore i loro fondi dovrebbero essere disposti a dare a un extra QALY acquistato per i loro “clienti” attraverso i farmaci innovativi.
Secondo Reinhardt attualmente i produttori di farmaci specialistici, per via della scarsa propensione nel dibattito pubblico statunitense ad affrontare questo tipo di dilemmi morali, stanno scalando la curva di offerta alla ricerca del massimo rendimento per ogni nuovo prodotto. Questo modo di agire di solito include la pratica di una differenziazione del prezzo, il che significa far pagare prezzi diversi a clienti diversi per prodotti identici con costi di produzione identici. Le aziende produttrici dei farmaci innovativi chiamano correttamente questo approccio "value pricing", perché si basa su una stima soggettiva del valore massimo che la società imputa ai QALYs aggiuntivi che questi medicinali sono in grado di produrre.
A questo punto la riflessione di Reinhardt si fa più ampia e introduce una serie di spunti estremamente interessanti che valgono non più e non soltanto per la realtà statunitense, ma offrono una chiave di lettura particolarmente utile per i decisori sanitari pubblici di tutto il mondo. Lo studioso afferma infatti che, nel perseguire la loro strategia dei prezzi, le aziende farmaceutiche dovrebbero tenere conto di tutti gli strumenti governativi che le “proteggono” dagli imprevisti di un vero libero mercato. Tra questi, i brevetti rilasciati ai produttori, l'esclusività sul mercato che può essere concessa dalla Food and Drug Administration su richiesta, il divieto di rivendere medicinali tra i clienti, attraverso, per esempio, l'importazione da paesi in cui gli stessi farmaci sono venduti a prezzi più bassi.
Quando un governo concede a investitori privati (quali sono i produttori di farmaci innovativi) poteri di monopolio, afferma Reinhardt, ha il diritto e il dovere di controllare ed eventualmente intervenire anche sulle loro politiche di prezzo.
Il governo deve inoltre essere consapevole del costo-opportunità sociale (social opportunity costs) di un'elevata spesa sanitaria a scapito di attività socialmente rilevanti come l'istruzione e le infrastrutture.
Il costo-opportunità sociale dei prezzi elevati dei farmaci dipende fortemente dall'incidenza e dalla prevalenza della malattia che essi curano. Per un farmaco orfano, di cui beneficia solo un numero esiguo di pazienti, un prezzo elevato avrebbe un piccolo effetto sulla spesa sanitaria totale (anche se il suo costo sarebbe devastante per un individuo non assicurato, a meno che non riceva assistenza finanziaria per acquistarlo).
Il prezzo elevato di un farmaco di cui potrebbero beneficiare molti pazienti, invece, può avere un effetto considerevole sulla spesa sanitaria totale e quindi sui premi assicurativi, come è il caso del SOVALDI, contro l'Epatite C, e probabilmente dei nuovi farmaci per ridurre il colesterolo appartenenti alla classe degli inibitori della proteasi PCSK9.
Ogni governo deve affrontare un difficile compromesso nell'intento di controbilanciare il potere di mercato dei farmaci specialistici, mettendo sul piatto della bilancia da una parte il costo-opportunità sociale di una spesa sanitaria sempre più alta e dall'altra il fatto che i prezzi dei nuovi farmaci dovrebbero essere abbastanza alti da incoraggiare comunque gli investitori privati a promuovere l'innovazione farmaceutica. Il compenso degli investitori dovrebbe essere tale cioè da permettere loro di recuperare non solo le spese per lo sviluppo di nuovi prodotti, ma anche di ottenere un premio per l'assunzione di un rischio finanziario che potrebbe non essere ripagato.
Il caso italiano è naturalmente differente da quello statunitense, perché, in assenza di assicurazioni sanitarie private (a esclusione di quelle di tipo complementare) il Sistema Sanitario Nazionale si fa carico della quasi totalità della spesa farmaceutica per i farmaci specialistici, e il reddito annuo della maggior parte dei cittadini non consentirebbe loro di far fronte di tasca propria a un intero ciclo di terapia specialistica con farmaci innovativi ad alto costo.
Secondo l'analisi delle dichiarazioni dei redditi dell'anno 2013, pubblicata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze lo scorso aprile, il reddito medio pro capite nel nostro Paese si attesta infatti intorno ai 20.070 euro e scende a 16.213 se si osserva il reddito complessivo del contribuente mediano (che rispetto alla media non è influenzato da valori
outlier, ovvero particolarmente elevati); questo significa che la metà dei contribuenti non supera 16.213 euro di reddito annuo complessivo dichiarato.
Alla luce di questi dati, il quadro delineato da Reinhard per gli USA si fa, nel nostro caso, ancora più complesso.Se è vero, come sappiamo bene, che il futuro della farmaceutica è quello di un'innovazione sempre più spinta verso farmaci specialistici mirati e costosi, occorre allora individuare una via sostenibile per garantire a tutti i cittadini la tutela della salute e il diritto alle cure. Un impegno che deve riguardare tutti, le istituzioni in primis, ma anche le aziende produttrici.
Fonte: articolo tratto dal sito web di Aifa