È polemica attorno a una review pubblicata sulla rivista Pathogen sugli eventi avversi dei vaccini Covid. La diatriba, che ha coinvolto in prima persona l’Istituto superiore di sanità, nasce dal fatto che gli autori della review, che sostengono potrebbe essere “il momento giusto per rivedere il rapporto rischio/beneficio” dei vaccini Covid, sono ricercatori dell’Iss stesso.
L’articolo è stato infatti redatto da Loredana Frasca, Giuseppe Ocone e Raffaella Palazzo del Centro per la ricerca e la valutazione dei farmaci dell’Iss e ha provocato una fortissima presa di posizione dell’Iss che ieri ha inviato una nota alla stampa e all’editore della rivista Pathogen dove si sottolinea che l’articolo “non rappresenta l’Istituto” e che si tratta di una “analisi lacunosa e parziale”.
“L’articolo - scrive ancora l’Iss - riporta esclusivamente l’opinione personale degli autori e non rappresenta in nessun modo la posizione dell’Istituto Superiore di Sanità” e “si fa una rassegna parziale e arbitraria della letteratura, omettendo tra l’altro di citare i numerosi lavori pubblicati sull’argomento da parte di altri ricercatori dell’ISS e anche del loro stesso Centro”.
“L’interpretazione dei dati presi in esame, inoltre - sottolinea l’Iss - è del tutto personale, tanto che in alcuni casi gli autori citano studi arrivando a conclusioni opposte rispetto a quelle di chi li ha condotti”.
Inoltre, conclude l’Iss, “l’articolo è stato inviato dai ricercatori alla rivista senza seguire la procedura di valutazione scientifica richiesto delle linee guida sull’integrità della ricerca dell’Iss a garanzia della qualità scientifica del lavoro pubblicato”.
Insomma una presa di distanza netta e apparentemente senza appello.
Ma cosa sostiene la review dei tre ricercatori sotto accusa? In sostanza che, fatta la premessa che la loro review “non mira a discutere l'efficacia dei vaccini COVID-19 contro l'originale e le prime varianti SARS-CoV-2, poiché tale efficacia è stata documentata dalle pubblicazioni al primo lancio di vaccini genetici”. E che “Pubblicazioni seminali hanno mostrato protezione dalla morte e da malattie gravi dopo due mesi dalla somministrazione del vaccino”…oggi, scrivono gli autori, “diversi studi hanno documentato un rapido calo dell'efficacia di queste sostanze, calo che è più evidente dopo la diffusione delle diverse varianti di Omicron”.
E, “Poiché molti studi indicano che le attuali varianti del virus sono meno letali e che esistono terapie efficaci per il trattamento della malattia da COVID-19, questo - scrivono i tre - potrebbe essere il momento giusto per rivedere il rapporto rischio/beneficio di questi interventi farmacologici”.
Per gli autori, poi, c’è un altro fattore da considerare “che mancava all'epoca dei primi studi di efficacia” ed è il fatto che “un gran numero di persone sta acquisendo naturalmente l'immunità anche attraverso infezioni, anche pauci-sintomatiche”.
“Pertanto, allo stato attuale, - questa la loro conclusione - può essere possibile e utile riflettere sugli eventi avversi documentati di questi vaccini basati sui geni”.
Gli autori dello studio citano poi anche un “piccolo studio” il quale, spiegano, “dopo aver analizzato i dati della UK Health Security Agency, ha rivelato che il tasso di mortalità nelle persone non vaccinate (per cause non COVID-19) era inferiore a quello osservato nelle persone che avevano ricevuto almeno una dose di vaccino COVID-19”.
Gli autori invitano quindi a valutare le statistiche dell'"Office for National statistics" nel Regno Unito che riporta i dati di mortalità per COVID-19 e per tutte le cause escluso COVID-19 al momento della campagna vaccinale COVID-19.
“Un'analisi statistica accurata e trasparente di tali dati, che tenga conto di tutte le variabili in gioco – sottolineano gli autori - può chiarire i reali effetti dei vaccini genetici”.
“Ad esempio - scrivono i tre ricercatori - se si verificano più decessi nelle persone vaccinate, bisogna tenere conto che, tra queste persone, ci sono molti pazienti a rischio e anziani. Un'analisi dovrebbe essere condotta con consapevolezza di questo pregiudizio e dovrebbe dividere i casi in diverse classi di età stimando la percentuale di persone a rischio nella popolazione più colpita”.
Ma per gli autori a rischio non sono solo gli anziani: “Anche i pazienti pediatrici e i giovani” con particolari condizioni croniche “possono essere a rischio di sviluppo di miocardite, poiché i casi di miocardite non sono rari nei giovani”.
Insomma per i tre ricercatori dell’Iss “La comunità scientifica deve essere consapevole e discutere se l'uso degli attuali vaccini genetici COVID-19, che era giustificato al tempo delle precedenti varianti mortali del coronavirus, debba essere ancora incoraggiato al tempo delle varianti Omicron”.
Tutte tesi che, come abbiamo visto, sono state rigettate dall’Iss con quella nota dai toni molto duri e con una netta presa di distanza rispetto alle tesi dei suoi tre ricercatori.