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Nati prematuri. In età scolare 1 bambino su 2 è a rischio di problemi cognitivi ed emotivi
I soggetti nati gravemente pretermine (prima delle 32 settimane) hanno un rischio elevato di disturbi dell’apprendimento, deficit delle funzioni esecutive e dell’attenzione, iperattività e problematiche emotive in età scolare. Follow up neonatale e interventi precoci fondamentali per diminuire il rischio. I dati della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza in occasione della Giornata mondiale della Prematurità che si celebra oggi.
17 NOV -

Circa un bambino su due nato gravemente pretermine è a rischio di sviluppare un disturbo del neurosviluppo anche lieve.

Questo lo scenario descritto dalla SINPIA – Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza - in occasione della Giornata Mondiale della Prematurità (World Prematurity day), celebrata in più di 60 Paesi, che dal 2011 ha come obiettivo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della prematurità e della malattia nei neonati, per dare voce alle famiglie dei piccoli pazienti.

Ogni anno nel mondo 15 milioni di bambini (più di uno ogni 10 nati) nascono prematuri, ossia prima delle 37 settimane di età gestazionale. L’incidenza è in aumento in quasi tutte le nazioni: in Italia ogni anno nascono oltre 30.000 neonati prematuri, pari al 7% delle nascite (fonte Ministero della Salute).

Le difficoltà che possono insorgere con la nascita pretermine non si limitano ai primi anni di vita del bambino, ma possono evidenziarsi anche sucessivamente, in età scolare per esempio, soprattutto nei soggetti nati estremamente pretermine.

Secondo la SINPIA, in accordo con i dati più recenti della letteratura scientifica, nei soggetti gravemente prematuri in età scolare i punteggi di QI (una delle misure espresse per la valutazione delle funzioni intelletive del bambino), anche se nei limiti della norma, possono essere mediamente inferiori di circa 11-15 punti standard rispetto ai soggetti nati a termine di pari età.

“I progressi recenti nell’ambito della medicina perinatale e della terapia intensiva neonatale hanno portato ad una significativa diminuzione della mortalità e ad una più modesta riduzione delle sequele neurologiche maggiori a breve e a lungo termine nei neonati prematuri. Tuttavia - spiega la Prof.ssa Elisa Fazzi, Presidente SINPIA e Direttore della U.O. di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia - con il prolungamento del follow up neonatale anche all’età scolare stiamo rilevando un diverso panorama delle sequele della nascita pretermine, con aumentato rischio di comparsa di disordini del neurosviluppo diversi dalla classica paralisi cerebrale infantile o dalla disabilità intellettiva, quadri apparentemente meno gravi ma con impatto rilevante sull’apprendimento e la qualità della vita, che coinvolgono contemporaneamente più funzioni adattive e hanno ricadute nell’area della comunicazione, dell’interazione sociale, delle funzioni di regolazione e attentive. La loro espressività è variabile ma può giungere fino a quadri conclamati di disturbo dello spettro autistico o di disturbo da deficit di attenzione con iperattività (ADHD)”.

“L’aumentato rischio di disturbi del neurosviluppo nei nati pretermine – spiega la Prof.ssa Simona Orcesi, professore associato di Neuropsichiatria infantile presso l’Università di Pavia e membro del Consiglio Direttivo della SINPIA - è maggiore per quelli con età gestazionali molto basse, è multifattoriale e non ancora sufficientemente chiarito, legato da un lato all’esposizione troppo precoce precoce all’ambiente extrauterino e dall’altro ad una serie di eventi lesionali/dismaturativi che avvengono in una finestra temporale relativamente lunga e che offre potenziale spazio per un intervento precoce sia di tipo farmacologico che di tipo ecologico/abilitativo. La tempestività dell’individuazione dei soggetti potenzialmente a rischio, attuata attraverso un monitoraggio attento del profilo di sviluppo per cogliere i segni precoci anche in soggetti che non presentino segni neurologici maggiori, la presa in carico precoce, che tenga conto del timing di sviluppo neurobiologico, volta a favorire il potenziamento della plasticità cerebrale e della riorganizzazione post lesionale e l’intervento mirato, sulla base del calendario evolutivo delle funzioni emergenti nelle diverse età, sono essenziali per garantire ai soggetti nati prematuri, il massimo potenziale di sviluppo ed il migliore adattamento alla vita quotidiana dall’infanzia fino all’età adulta”.

“I neuropsichiatri infantili, in stretta collaborazione con i neonatologi, i pediatri e gli altri specialisti - conclude la Dott.ssa Antonella Costantino, Past President della SINPIA e Direttore dell'Unità Operativa di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA) della Fondazione IRCCS «Ca' Granda» Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - seguono lo sviluppo dei bambini nati pretermine nei servizi di Follow-up neonatale, garantendo controlli periodici essenziali per l’individuazione dei segni precoci di sviluppo atipico. Hanno poi un ruolo essenziale nel fornire ai genitori indicazioni sulla gestione del bambino nato pretermine, sulle strategie per la promozione del suo sviluppo neuropsichico e per la riduzione dello stress conseguente alla nascita pretermine e per l’attivazione e il coordinamento degli interventi abilitativi precoci nelle situazioni a rischio o in cui sia già presente un disturbo del neurosviluppo”.

“La tempestività della diagnosi, la presa in carico del piccolo paziente e della sua famiglia, e l’intervento precoce sono essenziali, spiega infine la SINPIA, per la riduzione dei rischi che una nascita pretermine può comportare, unitamente alla strutturazione di un ambiente arricchito che possa promuovere lo sviluppo del bambino anche attivando la plasticità cerebrale massima nei primi anni di vita e partendo dal sostegno ai genitori e dal loro coinvolgimento nel percorso di cura. La centralità della famiglia nell’intervento riabilitativo determina infatti un importante effetto positivo non solo sul bambino ma anche sulla prognosi, riducendo il rischio di difficoltà emotivo-affettive anche a lungo termine ed potenziando l’efficacia genitoriale”.

17 novembre 2022
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