Quale agenda sanità per il Governo Draghi? Intervista al presidente Andrea Mandelli: “Prima urgenza le vaccinazioni, coinvolgere subito farmacisti e farmacie”
“Vaccinare 50 milioni di persone richiede innanzitutto di poter disporre dei vaccini in quantità adeguata, arruolare il maggior numero possibile di operatori e predisporre strutture diffuse e facilmente accessibili. Per questo ritengo che sia indispensabile coinvolgere farmacisti e farmacie non appena possibile, come ha fatto il Regno Unito e si accinge a fare la Francia”.
15 FEB - Il Governo di Mario Draghi dopo il giuramento dello scorso sabato ed il primo Consiglio dei Ministri è ormai pronto a raccogliere la fiducia del Parlamento.
Roberto Speranza è stato confermato alla guida della Salute ma per il resto tutto, al di là dei nomi, è cambiato, con un nuovo Governo e una maggioranza inedita che abbraccia quasi l'80% delle forze presenti in Parlamento.
In ogni caso pensiamo si possa però dare per certo che la Sanità resterà uno dei temi forti anche del nuovo Esecutivo, a causa del perdurare dell’epidemia, della necessità di accelerare il piano vaccini e poi di attuare quelle riforme di sistema delle quali il nostro SSN ha certamente bisogno come già rilevato in questi mesi da moltissimi osservatori.
In attesa di conoscere il programma del nuovo governo, abbiamo intervistato il presidente della Fofi,
Andrea Mandelli per delineare con lui quale dovrebbe essere l'agenda ideale nel campo della salute.
Presidente Mandelli, fatta questa premessa quali dovrebbero essere a suo avviso le priorità dell’agenda sanità del futuro Governo?
E’ ormai chiaro a chiunque che il, Servizio sanitario, sotto la spinta dell’emergenza pandemica, ha visto gli effetti negativi di debolezze e criticità preesistenti, a cominciare dallo stato dell’assistenza territoriale. E’ mancata una prima linea di intervento dotata di mezzi e organizzazione e solo grazie all’abnegazione dei professionisti, in primo luogo i farmacisti, si è riusciti a non interrompere l’assistenza, che comunque è stata intaccata, come provano le centinaia di migliaia di prestazioni legate alle malattie oncologiche e cardiovascolari che sono state rimandate nei mesi del lockdown. Se ci fosse stata una rete territoriale capace di farsi realmente carico dei pazienti cronici, per esempio, avremmo avuto una situazione ben differente. Se molti pazienti non fossero stati costretti dal sistema della distribuzione diretta a recarsi in ospedali non più accessibili per ricevere i farmaci, ma li avessero trovati nella farmacia sotto casa, tanti trattamenti non sarebbero stati interrotti.
Quindi il primo punto in agenda è realizzare questa rete, che metta a sistema il farmacista, e la farmacia dei servizi, il medico curante e l’infermiere, come la Federazione sostiene da anni. Ma il primissimo punto è condurre una campagna vaccinale contro la COVID che copra la popolazione nel minor tempo possibile, per proteggere le persone e la struttura stessa della nostra società. Anche per questo aspetto i farmacisti sono pronti a fare la loro parte, come previsto dall’ultima Legge di Bilancio.
Pensa che i progetti attualmente inseriti nella Mission 6 del Recovery Plan con un finanziamento complessivo di circa 20 miliardi siano quelli giusti o servirebbe altro? E pensa che le risorse siano sufficienti?
Veniamo da un lungo periodo di sottofinanziamento del Fondo sanitario, con stanziamenti che sistematicamente crescevano meno del fabbisogno reale, con misure di contenimento della spesa che si sono tradotte in aumento dell’impegno economico dei cittadini e nella rinuncia alle cure. Con questi precedenti 20 miliardi sono un inizio e vorrei ancora una volta ribadire che questi fondi non sono “spesa” ma un investimento. Quanto agli obiettivi del Recovery Plan, nella recente audizione alla Camera abbiamo ribadito la necessità di implementare rapidamente il modello della farmacia dei servizi come perno della rete territoriale e porta di acceso al Servizio sanitario nazionale.
Questo significa puntare sulla sanità digitale, sull’ampliamento delle funzionalità del FSE anche attraverso il Dossier farmaceutico. E a proposito dell’assistenza farmaceutica bisogna riportare territorio tutti i medicinali non dio suo ospedaliero, in seno a una riforma complessiva della governance della distribuzione. C’è poi il capitolo del personale: gli organici vanno ampliati e per così dire ringiovaniti, e in questo ampliamento devono essere compresi anche i farmacisti ospedalieri, il cui valore per il buon funzionamento delle strutture di ricovero e cura è emerso molto chiaramente durante la pandemia.
Tra le riforme auspicate c’è in primis quella della medicina e dell’assistenza del territorio di cui si parla da anni ma senza molto costrutto. Perché a suo avviso finora non si è riusciti a cambiare e innovare questo settore? Quali sono gli ostacoli che ne hanno impedito la riforma?
E’ vero, finora non si è riusciti a operare in questa direzione. Molte le ragioni: ne isolo alcune a mio avviso fondamentali. Si è trascurato l’impatto dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento della cronicità, che oggi riguarda almeno 14 milioni di italiani: una parte enorme della popolazione che non si può pensare di assistere basandosi esclusivamente sulla rete ospedaliera. Poi c’è un aspetto culturale: l’assistenza territoriale vive dell’integrazione e della sinergia tra le diverse figure professionali: medici, infermieri, farmacisti e gli altri operatori. E sono ancora troppi gli steccati e le barriere culturali che ostacolano una stretta collaborazione interprofessionale.
Un tema al centro di molte polemiche in quest’anno di pandemia ma anche prima, è senz’altro quello dell’autonomia regionale in materia sanitaria, Pensa che l’occasione di un Governo con una potenziale maggioranza parlamentare attorno all’80% possa prendere in mano la questione e riscrivere il Titolo V della Costituzione rivedendo l’attuale equilibrio dei poteri in materia di tutela della Salute? O, al contrario, ritiene che la “differenza” regionale nelle modalità di organizzazione e gestione della sanità vada salvaguardata?
Credo che il punto non sia la riduzione dell’autonomia organizzativa regionale, visto che le esigenze dei territori sono differenti, per le caratteristiche epidemiologiche, demografiche persino geografiche. Occorre però fare in modo che gli obiettivi, diciamo i LEA per semplicità, siano rispettati ovunque. Si deve fare in modo che se un’amministrazione è in difficoltà venga messa in condizione di rispettare gli standard e non, come fatto finora, obbligata a piani di rientro che funzionano soltanto sul piano contabile, ma non migliorano di certo l’assistenza ai cittadini. E nel predisporre i diversi piani nazionali in materia sanitaria, dalla cronicità alla prevenzione, bisogna elaborare obiettivi e percorsi condivisi e chiari. Non sempre è successo.
Tra le prime questioni sul tavolo del nuovo Governo ci sarà certamente il Piano vaccini anti Covid. Cosa servirebbe secondo lei per accelerare le vaccinazioni?
Vaccinare 50 milioni di persone richiede innanzitutto di poter disporre dei vaccini in quantità adeguata, arruolare il maggior numero possibile di operatori e predisporre strutture diffuse e facilmente accessibili. Per questo ritengo che sia indispensabile coinvolgere farmacisti e farmacie non appena possibile, come ha fatto il Regno Unito e si accinge a fare la Francia.
Altra questione, riguarda l’azione di contrasto all’epidemia. Secondo lei funziona il sistema a zone colorate funziona o va cambiato?
Se concordiamo sul fatto che le Regioni hanno caratteristiche differenti questo si riflette anche sulle misure di contenimento del contagio. Finora il sistema ha ottenuto dei risultati e non mi pare che, almeno in Europa, ci siano esempi di sistemi differenti che hanno funzionato meglio. Certamente tutto si può migliorare, si potrebbe differenziare all’interno delle Regioni stesse le aree a più forte diffusione del contagio. Ma non si può trascurare che un altro lockdown generalizzato potrebbe avere conseguenze pesantissime sulla popolazione, sull’economia, sul Paese nel suo complesso. E conciliare tutti questi aspetti non è semplice.