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Edilizia sanitaria. Oltre il 40% delle risorse stanziate risulta ancora non speso. Necessaria una semplificazione delle procedure. La bozza di documento dell’indagine conoscitiva al Senato
Al 31 dicembre 2020, a fronte di 23,3 miliardi destinati alla sottoscrizione di accordi di programma, ne erano stati sottoscritti 86, per un importo pari a 12,9 miliardi (circa il 50% delle risorse destinate). Dal 2020 al 2022 sono stati sottoscritti 6 accordi, portando a 91 il numero di quelli complessivamente sottoscritti dalle regioni, per un valore complessivo di 13,8 miliardi. Le risorse ancora da utilizzare rappresentano il 43% delle somme attribuite. Molte le diversità tra Regioni: sono 10 quelle che, pur avendo ottenuto il finanziamento, non hanno portato avanti nuovi accordi. LA BOZZA
26 GEN -

Pronto lo schema di documento conclusivo proposto dal relatore Franco Zaffini (FdI) sull'indagine conoscitiva sulla ristrutturazione edilizia e l'ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, anche nel quadro della missione 6 del Pnrr. Il documento, presentato in commissione Sanità al Senato è ancora una bozza, rimessa alla riflessione della Commissione per individuare possibili miglioramenti del testo.

L'indagine conoscitiva ha voluto innanzitutto ricostruire in termini puntuali il concreto funzionamento della normativa vigente ed esaminarne i singoli aspetti applicativi, attraverso i contributi offerti dai soggetti istituzionali coinvolti, allo scopo di prospettare le possibili modifiche, funzionali al superamento delle numerose criticità e dei limiti riscontrati in relazione alla definizione e allo di stato di attuazione degli accordi di programma.

Da quanto emerso, l'impiego dei fondi sembra richiedere tempi molto lunghi, che comportano pesanti ritardi nella realizzazione degli investimenti pubblici in edilizia sanitaria, e la capacità di spesa delle regioni appare "gravemente inficiata". In termini numerici, risulta eloquente il dato citato dai rappresentanti della stessa Corte dei conti, in base al quale, al 31 dicembre 2020, a fronte di 23,3 miliardi destinati alla sottoscrizione di accordi di programma, erano stati sottoscritti 86 accordi di programma, per un importo pari a 12,9 miliardi (ovvero poco più del 50 % delle risorse destinate).

Negli ultimi anni, spiega il documento, "continua inoltre ad osservarsi un forte rallentamento nel funzionamento del Programma: dal 2020 al 2022 sono stati sottoscritti 6 accordi, portando a 91 il numero di quelli complessivamente sottoscritti dalle regioni, per un valore complessivo (al netto delle revoche) di 13,8 miliardi".

Le risorse ancora da utilizzare sono poco meno di 10,5 miliardi e rappresentano il 43 per cento delle somme attribuite al Programma. Un dato medio che, come evidenziato in audizione in Commissione dai rappresentanti della Corte dei conti nella seduta del 9 maggio 2023, nasconde diversità considerevoli tra regioni. Sono infatti ben 7 quelle che presentano risorse da utilizzare sopra la media, e 4, in particolare, hanno sottoscritto accordi per meno del 40% delle somme disponibili. !Il confronto tra lo stato del programma nel 2016 e quello degli anni più recenti conferma il rilievo delle somme non utilizzate: sono ben 10 le regioni che, pur avendo ottenuto il finanziamento per il complesso delle risorse degli accordi sottoscritti, non hanno portato avanti nuovi accordi", si legge nella bozza.

Quanto alle conclusioni e ipotesi migliorative rappresentate in Commissione, è emersa in Commissione la necessità di procedere alla semplificazione delle procedure relative alla realizzazione degli interventi infrastrutturali. Si è invocata anche la necessità di rendere disponibili linee guida per standardizzare i processi base, come ad esempio la programmazione regionale di settore, nonché di individuare e divulgare le best practices che, definite da alcune regioni, potrebbero essere adottate anche da altre. Infine, sempre nell'ottica della semplificazione amministrativa dei processi, è stata sottolineata la necessità di individuare un iteramministrativo semplificato per gli interventi non complessi e al sotto di una determinata soglia di spesa.

Con riferimento alla definizione del livello di progettazione previsto per l'inserimento degli interventi negli accordi di programma, sono giunte nel corso delle audizioni diverse proposte finalizzate ad individuare "un livello di progettazione di grado più elevato di quello attualmente utilizzato ai sensi dell'Accordo tra Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano del 28 febbraio 2008, ad integrazione dell'Accordo del 19 dicembre 2002, andando a recepire anche quanto previsto ai sensi del nuovo codice dei contratti pubblici".

Con riferimento al miglioramento dell'attività di progettazione, è stata avanzata la proposta di istituire un fondo rotativo nazionale per la progettazione che consenta di operare anche nella fase propedeutica alla definizione degli accordi di programma e comunque a "valutare l'opportunità di un ulteriore incremento della dotazione del FRP, attualmente gestito dalla Cassa depositi e prestiti Spa, mediante uno stanziamento aggiuntivo a carattere pluriennale sul bilancio dello Stato. Per riferimento, uno stanziamento aggiuntivo di euro 1 milione consentirebbe, ai tassi vigenti, di concedere nuove anticipazioni per circa euro 100 milioni".

Riguardo alla revisione del fabbisogno economico-finanziario previsto per gli interventi e possibile adeguamento prezzi, sono giunte alcune proposte finalizzate ad "individuare specifiche modalità semplificate di revisione del fabbisogno economico-finanziario previsto per ogni specifico intervento, nonché le opportune modalità di adeguamento delle coperture anche attraverso specifici accantonamenti sulle risorse ex art. 20 della legge n. 67/88 disponibili a bilancio".

In riferimento alle necessità di implementare e incrementare il supporto tecnico-amministrativo dovuto al blocco del turn over, che ha comportato negli anni una forte riduzione del personale tecnico-amministrativo con competenze specifiche per definire e attuare gli interventi previsti dagli accordi di programma, è stato suggerito di "prevedere l'individuazione di una specifica unità di missione ovvero di una cabina di regia in grado di fornire supporto tecnico, amministrativo e procedurale, anche avvalendosi di realtà esistenti ed operanti nel campo dell'assistenza tecnica".

Facendo inoltre riferimento alla trasparenza delle informazioni sulla realizzazione degli interventi previsti dall'articolo 20 della legge n. 67/1988, secondo quanto emerso nelle audizioni, "la mancata disponibilità di tali informazioni non rende possibile l'esercizio delle previste forme diffuse di 'controllo democratico' sugli interventi programmati, sulla loro realizzazione e sull'utilizzo delle risorse. Pertanto, è stato suggerito di indicare, già negli schemi degli accordi di programma, tutti i Cup riferiti agli interventi, in modo da assicurarne una più efficace tracciabilità all'interno dei sistemi informativi di monitoraggio degli investimenti pubblici".

Infine, in relazione alle criticità e ai limiti connessi all'esercizio da parte delle regioni dei poteri di revoca, la Corte dei conti ha rilevato che la finalità dell'istituto della revoca non è stata quella di recuperare le risorse non utilizzate, quanto quella di sollecitare le regioni all'utilizzo effettivo delle risorse definite in un Accordo di programma già stipulato. Secondo l'avviso della Corte, pertanto, tale istituto non sembra abbia effettivamente sortito l'effetto atteso. Le risorse assegnate, seppur oggetto di revoca, rimangono attribuite alle regioni per ulteriori interventi. Questo riduce di molto l'incentivo a predisporre e chiedere il finanziamento di progetti effettivamente in grado di essere realizzati. Certamente, la semplificazione delle procedure e della documentazione relativa alle parti degli accordi meno complesse potrà ridurre i casi di ritardo non riconducibile a cattiva progettazione. Rimane, tuttavia, da rendere più efficace il disincentivo alla cattiva progettazione degli interventi.

Ad avviso della Corte, quindi, potrebbe essere valutata la possibilità di introdurre una qualche penalità in caso di revoca: si potrebbe, ad esempio, prevedere che una quota dell'importo (ad esempio il 5 - 10 per cento) sia sottratta alla disponibilità dell'ente per essere destinata ad una finalità diversa o per finanziare le regioni che hanno esaurito le proprie disponibilità e che sono nei tempi nella realizzazione delle opere. In tal modo si introdurrebbe, accanto ad un disincentivo, un incentivo ad una progettazione operativa da portare avanti nei tempi previsti.

Giovanni Rodriquez

26 gennaio 2024
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