“Con l’avvicinarsi della manovra economica, il governo ha finalmente l’opportunità, vantaggiosa anche a livello politico, di cancellare il payback che grava sulle spalle delle industrie di dispositivi medici, in una situazione di mancata decisione che perdura da un anno. E’ infatti ai cittadini che usufruiscono del sistema sanitario pubblico che questo governo si rivolge in particolar modo, e penso che queste stesse persone vogliano un Ssn tecnologicamente all’avanguardia. Un obiettivo che è sempre più lontano perché le aziende non possono programmare investimenti, le gare vanno deserte, e oltretutto i medici più preparati, quelli che sono in grado di utilizzare al meglio le nuove tecnologie, se ne vanno dall’Italia”. Lo afferma in un’intervista a Quotidiano Sanità Massimiliano Boggetti, presidente di Confindustria DM, nei giorni in cui si dibatte sulle risorse finanziarie da stanziare in legge di bilancio.
“Il ministro Schillaci – ricorda – ha chiesto al ministro Giorgetti di riservare 400 milioni di euro per la stabilizzazione del personale medico e risorse per sollevare le nostre imprese dal payback. Sono due temi che si intersecano fra di loro, proprio per il discorso che a un giovane medico, oggi, formatosi in Italia e proiettato nella medicina moderna, tecnologica, conviene di certo cercare lavoro all’estero, dove gli stipendi sono di un livello nettamente superiore. Il risultato sarà che non avremo più camici bianchi in grado di gestire e utilizzare tecnologie all’avanguardia, che pure faticheranno ad arrivare nel nostro Paese se non si dà respiro alle nostre imprese. Siamo sotto scacco da un anno, con continui rinvii, un problema che si va ad aggiungere alle tante altre difficoltà che l’industria italiana sta affrontando”.
“Il punto nodale, dunque – aggiunge Boggetti – sono le risorse, ma manca una governance di ampio respiro che vada oltre i problemi di oggi. Stiamo lavorando da tempo con il tavolo del ministero delle Imprese e del made in Italy, non siamo invece ancora stati convocati a quello istituito al ministero della Salute proprio per parlare di governance. Nell’attesa, abbiamo organizzato un tavolo ‘parallelo’, con la partecipazione di ex capi di gabinetto e direttori generali dei ministeri coinvolti, esperti di HTA, società scientifiche, per dar vita a una serie di proposte molto articolate con temi cruciali da presentare quando ci sarà questa convocazione, e non perdere ulteriore tempo e sbloccare una situazione ormai insostenibile. Personalmente, non credo che il nostro comparto abbia bisogno di agenzie nazionali che vadano a regolare un settore già ampiamente gestito. Questo tavolo sta lavorando 360 gradi, anche sulle terapie digitali, che sono in primis in capo alle nostre industrie, per le quali serve un sistema di rimborso chiaro, con dati precisi, e il riconoscimento di un valore, quello del dispositivo medico, che oggi non viene percepito completamente. Ma il primo bisogno è che il settore venga rifinanziato e si abbia un cambio di paradigma, superando misure di opportunismo elettorale di breve respiro. Io penso che sia anche ciò che serve all’esecutivo in questo momento e ciò che il Paese, e la base elettorale del governo, chiedono: rifinanziare la salute, il sistema sta scoppiando in modo anche evidente. E’ una questione che, se la si guarda bene, è un’opportunità anche politica. Io non penso che la sanità italiana scomparirà. Ma di certo chi è più abbiente si potrà sempre permettere di curarsi, mentre chi dovrà varcare la soglia di un ospedale pubblico troverà liste di attesa infinite, assenza di screening preventivi, tecnologie obsolete e personale sempre meno preparato, ed esausto. In un paese come il nostro, che ha sempre privilegiato la salute dei cittadini come punto nodale, e nello specifico questo governo, penso questa sia l’occasione per intervenire”.
A oggi, la situazione delle imprese di dispositivi medici è che “c’è stato uno ‘sconto’ di 1 miliardo di euro da parte del governo sul payback, ma rimangono 1,2 miliardi sulle nostre spalle. Sono partiti i ricorsi di chi non ha aderito a questo sconto e a ottobre ci saranno le prime udienze, penso che le Regioni in questione non risulteranno vincitrici perché non sono state in grado di produrre calcoli appropriati. Non sappiamo ancora quanto cubi il primo quadriennio considerato. Per quanto riguarda quello successivo, c’è il grande tema dei dispositivi per Covid che erano stati esclusi dal tetto di spesa: il problema è che sono stati acquistati in parte dalle Regioni, in parte della Protezione civile, in parte dal commissario per l’Emergenza. Non si capisce come si potranno produrre calcoli accurati e se si sia o meno sforato il tetto di spesa. Non è così che si fa una governance. Credo che il Governo abbia tutto l’interesse di cancellare questo payback: in manovra dovranno necessariamente essere trovate risorse. L’effetto che si sta notando ormai da tempo è che le gare vanno deserte: le aziende non possono partecipare senza poter calcolare il ritorno economico e in questo contesto la prima conseguenza è che l’innovazione viene ulteriormente rallentata, perché gli ospedali comprano sulla base di acquisti precedenti vecchi di 6 anni. Questo è un settore da 17 mld di euro annui di fatturato, non lo si può bloccare per oltre un anno senza dare risposta, senza prendere decisioni: non decidere è una follia e procrastinare di due mesi in due mesi anche. La finanziaria è il momento di trovare le risorse”.
Barbara Di Chiara